domenica 27 novembre 2011

Comunicazione Emotiva

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Emittente

E’ il soggetto (o l’oggetto) che emette il messaggio, solitamente una persona che ha un obiettivo, una ragione per entrare in comunicazione.

Ricevente

E’ il soggetto (o l’oggetto) che riceve il messaggio. Anche nella situazione in cui un soggetto parla e l’altro ascolta (esempio professore-alunno), il ricevente non è mai solamente passivo: nella realtà genera numerosi e continui messaggi di Feedback (verbali e gestuali) che vengono registrati dall’emittente e che influenzano il modo in cui il suo discorso si sviluppa. All’interno del processo comunicativo il ruolo che gioca il ricevente è di fondamentale importanza, o meglio della “comprensione” da parte del ricevente. Partendo dalla considerazione che il significato di ogni messaggio viene interpretato da parte del ricevente sulla base del proprio sistema cognitivo, l’elemento centrale della comunicazione è proprio il modo in cui il ricevente comprende il messaggio, comprensione che è sempre in una certa misura imprevedibile e incontrollabile.

Codice

Il codice è il sistema di segni dai significati condivisi che ci permette di comunicare. I significati, ovvero le cose che vogliamo comunicare, sono inizialmente solo all’interno della nostra mente. Per poter uscire all’esterno, debbono essere codificati, ovvero tradotti in suoni, gesti, segni che possiedano un significato condiviso. Se non fossimo in grado di associare a una serie di segni discreti dei significati (ed è la società che ci porta a conoscere questi codici insegnandoceli fin dai primi giorni di vita) non potremmo comunicare nulla, o quasi nulla. L’uomo dispone di una complessa serie di codici di cui può fare un uso creativo: ad esempio il linguaggio, o i gesti, ecc.

Codifica e Decodifica

Gli studiosi descrivono con l’espressione “codificare” l’attività che l’emittente compie per emettere un messaggio che sia effettivamente significativo per l’ascoltatore. La codifica si riferisce al processo attraverso il quale l’emittente trasforma le sue idee e le sue intenzioni in parole, o simboli di altro genere, nel tentativo di renderle comprensibili agli altri. Dunque, le idee vengono codificate in messaggi, i quali vengono inviati al ricevente, il quale compie il corrispondente processo di decodifica. La decodifica è la trasformazione delle parole e degli altri simboli ricevuti in un significato, che può essere simile, esattamente uguale o anche completamente differente rispetto al significato iniziale, quello che l’emittente aveva in mente quando ha codificato la sua idea. L’attività di codifica è resa non banale dal fatto che il codice non è sempre condiviso, e dunque la decodifica non è sempre corretta. Quando un medico descrive una patologia al paziente utilizzando il suo gergo tecnico, non si rende conto che il messaggio non è correttamente decodificabile da parte del ricevente, poiché solo l’emittente conosce il codice utilizzato.

Emozioni

L’uso del Codice è direttamente proporzionale allo stato emozionale. Possiamo semplicemente dire che il Codice è “COSA” l’emittente comunica…. le emozioni definiscono “COME” la comunica. Un’emozione di irritazione determinerà una comunicazione “irritata”, un’emozione di felicità causerà una comunicazione “allegra”.

Non Verbale

Nel caso di una comunicazione “viso a viso”, oltre alla voce entra in gioco tutta la comunicazione non verbale. Il mondo del non verbale è molto vasto, mi limiterò ad una tabella riassuntiva:

 

Forme: Aspetti:
Sistema paralinguistico (Sistema vocale non verbale)
  • Tono
  • Frequenza
  • Ritmo e velocità
  • Silenzio
  • volume

Sistema cinestesico (movimenti del corpo)

  • movimenti oculari
  • mimica facciale
  • gesti
  • Postura

Prossemica (l’occupazione dello spazio)

  • Zona intima (da 0 a 50 centimetri)
  • Zona personale (da 50 cm ad 1 metro)
  • Zona sociale (da 1 m a 3 o 4 m)
  • Zona pubblica (oltre i 4 m)

Aptica (contatto fisico)

  • Stretta di mano
  • Pacca sulla spalla
  • Baci e abbracci
Canale

E’ il mezzo attraverso cui l’emittente veicola, o attraverso cui il ricevente ottiene, il messaggio. Può essere inteso sia come il mezzo sensoriale coinvolto nella comunicazione (principalmente udito e vista) sia come il mezzo tecnico esterno al soggetto con cui il messaggio arriva (telefono, fax, e-mail.).

Ogni canalizzazione di un messaggio produce necessariamente una “riduzione di complessità”. Quando comunichiamo, nella nostra mente possediamo un messaggio complesso, dotato di molte sfaccettature e molti livelli di significato: riversando questo messaggio all’esterno, siamo costretti a veicolarlo attraverso un codice, e a “semplificarlo” in modo che possa passare attraverso un canale.

I diversi tipi di canale si differenziano non solo sulla base dei contenuti che veicolano, ma anche sulla base del modo in cui risvegliano o alterano i pensieri e i sensi del ricevente. E’ molto diverso il processo percettivo che attiva una persona di fronte a un libro (canale visivo), ascoltando la radio (canale uditivo), di fronte a uno spettacolo televisivo (entrambi) o assistendo a una lezione universitaria, dove sono stimolati contemporaneamente la vista, l’udito, e tutti gli altri sensi attivi nella comunicazione interpersonale.

Ci sono dunque almeno tre modi di intendere il concetto di canale:

  1. come mezzo di comunicazione utilizzato
  2. come processo percettivo interessato dal segnale
  3. come “messaggio”, ovvero come insieme di processi percettivi che ogni canale stimola in modo differente, i quali influenzano il contenuto del messaggio co-determinandone il significato

Messaggio

E’ il contenuto di ciò che si comunica. E’ strettamente legato al concetto di informazione, e può essere un dato, una notizia o più semplicemente una sensazione, veicolata attraverso segni significativi (frasi, singole parole o suoni, gesti, espressioni, immagini, ecc.) E’ la parte “attiva” dell’atto comunicativo, quella che genera l’effetto di inviare all’ambiente esterno pensieri o informazioni prima contenute solo all’interno della mente dell’individuo che le emette. Il concetto di”messaggio”, apparentemente scontato, è in realtà difficile da afferrare. Se definiamo il termine messaggio dal punto di vista dell’emittente, esso è il mezzo attraverso cui viene veicolata o resa disponibile una informazione, e dunque ricercata un’influenza sociale, un effetto sul ricevente. Se lo definiamo dal punto di vista del ricevente, il messaggio è invece l’interpretazione che il ricevente fa dello stimolo proveniente dall’emittente. Non dobbiamo fare l’errore infatti di credere che il significato del messaggio sia contenuto all’interno del messaggio stesso. Il significato emerge solo dalla lettura contestuale del messaggio e di tutti gli altri elementi della comunicazione. Lettura contestuale che è possibile, però, solo dopo che un soggetto ha deciso di agire inviando al mondo un segnale.

Feedback

E’ la retrocomunicazione che il ricevente invia all’emittente mentre la comunicazione sta avvenendo. E’ una informazione di ritorno che permette all’emittente, mentre sta comunicando, di percepire se il messaggio è stato ricevuto, capito, approvato, ecc. e dunque di reagire, cercando la via più efficace per raggiungere il risultato che si è prefisso. Nelle normali comunicazioni facciamo un grande uso di feed-back per “aggiustare la mira” rispetto a quello che stiamo dicendo. Se siamo impegnati a convincere qualcuno di qualcosa, mentre parliamo osserviamo periodicamente l’interlocutore per cercare segnali che ci assicurino che stia ascoltando, che stia seguendo il ragionamento, che abbia capito. Se riceviamo segnali di senso contrario, ripetiamo alcune cose, o scegliamo un altro esempio, o alziamo il tono di voce, fino a quando non riusciamo a raggiungere il nostro obiettivo (o decidiamo di rinunciare).

Contesto

E’ il “luogo” (fisico o relazionale) in cui avviene lo scambio comunicativo, ovvero la “situazione” in cui l’atto comunicativo si inserisce (e a cui si riferisce). Il contesto è parte integrante del messaggio, e può cambiare il significato del messaggio stesso: la frase “bene, molto bene” pronunciata da un insegnante significa cose molto diverse se detta al termine di una interrogazione in cui lo studente ha dato buona prova di sé, oppure appena dopo che l’insegnante ha scoperto lo stesso studente copiare durante un compito in classe. Quando inviamo messaggi come la frase “questo mi sembra ok”, è il contesto che permette di comprendere che la parola “questo” si riferisce a un determinato oggetto e non a un altro. In ogni situazione comunicativa reale sono coinvolti molti contesti contemporaneamente, che spesso si sovrappongono. Questo può creare imbarazzo: è ciò che accade se partecipate a una festa in cui sono presenti sia i vostri amici (che richiederebbero da voi un certo linguaggio, un certo tipo di contenuti e un certo comportamento) sia i vostri genitori (che ne richiedono ben altri).

venerdì 11 novembre 2011

giovedì 10 novembre 2011

sabato 5 novembre 2011

Fiori ed Emozioni

Questo mese ho lavorato con un gruppo aziendale sulla gestione dei conflitti attraverso l’Intelligenza Emotiva. Abbiamo utilizzato lo schema SPEC:

Cattura

In sostanza lo schema va così letto:

  1. Situazione: noi viviamo sempre delle Situazioni di vita. Queste Situazioni provocano in noi dei ….
  2. Pensieri, molto spesso inconsci, a volte consci. Questi pensieri che ci “frullano” in testa generano delle ….
  3. Emozioni, degli stati emotivi che dirigono e comandano il nostro …
  4. Comportamento, il modo in cui noi ci comportiamo.

Ecco un esempio molto banale e semplice:

  1. Situazione di Pericolo.
  2. Pensiero: “attenzione, qui si rischia ,,,,,!”
  3. Emozione: Paura
  4. Comportamento: Allontanarsi, fuggire, …

E’ stato molto interessante chiedere ai partecipanti di completare una tabella dove elencare le frequenti Situazioni di Conflitto aziendali (ma alla fine ne sono emerse molte anche familiari o di vita quotidiana).

Situazione

Pensiero

Emozione

Comportamento

       
       
       

La cosa forse più interessante è stato però accorgersi che la grande difficoltà nel compilare la tabella non era tanto identificare situazioni di Conflitto, quanto dare il giusto nome alle Emozioni. Sarà forse che non siamo così tanto abituati a prenderci del tempo per noi e ad ascoltarci ? Per aiutarci possiamo utilizzare un’interessante classificazione delle emozioni proposta da Robert Plutchik (1928-2006), secondo il quale le emozioni sono risposte evolutive per permettere alle specie animali di sopravvivere. Plutchik propone un’interessante rappresentazione grafica delle emozioni, che ci ricorda un fiore (chiamata poi non a caso “fiore di Plutchik”):

fiore

Esistono 8 emozioni primarie che generano dei comportamenti con alto valore di sopravvivenza (esempio della paura / fuga visto sopra): gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, disgusto, rabbia, aspettativa. Queste emozioni si trovano nel secondo cerchio del fiore ed è da notare si contrappongono a coppie in modo polare (gioia-tristezza, fiducia-disgusto, paura-rabbia, sorpresa-aspettativa).

Seguendo il petalo del fiore verso l’interno l’emozione primaria aumento di intensità (la tristezza diventa angoscia, la gioia diventa estasi …). Si forma così il cerchio centrale del fiore. Verso l’esterno invece l’emozione cala di intensità (la rabbia diventa irritazione, l’aspettativa interesse e così via).

Le emozioni poi si combinano tra di loro, per creare le emozioni secondarie o complesse; ad esempio gioia e fiducia generano amore, fiducia e paura generano sottomissione.

Riprendendo lo schema SPEC visto sopra e l’elenco delle emozioni di Plutchik ecco uno schema per conoscersi meglio e attuare uno sviluppo personale utilizzando una tabella come quella qui sotto:

Tabella

  1. identificare e descrivere delle Situazioni in cui vogliamo attuare un cambiamento (colonna Situazione);
  2. descrivere i Comportamenti Attuali da noi assunti (colonna Comportamento, riga Attuale)
  3. provare a ricordare i pensieri consci realizzati o a identificare quelli inconsci (colonna Pensiero, riga Attuale);
  4. con l’aiuto del fiore di Plutchik scrivere l’emozione primaria o secondaria provata;
  5. identificare poi l’emozione Target che si vuole provare nella stessa situazione in futuro (Colonna Emozione, Riga Target);
  6. chiedersi quale dovrà essere il Pensiero Conscio necessario per realizzare il Comportamento Target.
  7. Attuare il Comportamento Target dovrebbe portarci a provare l’Emozione desiderata.

Buon allenamento …..

mercoledì 2 novembre 2011

Incertezza

Non posso nascondere un certo stupore. E’ da due giorni che mi imbatto in persone che si sono fermate “in attesa di notizie” ….. dalla Grecia, dalle Borse, dal G20 …. Non sto parlando di politici o di persone che curano le strategie degli Stati, ma di liberi professionisti, dipendenti, dirigenti, manager. Persone che io definirei “comuni” che hanno bloccato il loro lavoro quotidiano (e-mail, acquisti, vendite, …) perché influenzati dalle notizie che arrivano dai mass media.

Il mio umile pensiero è che qui inizi la crisi … economica ma soprattutto umana.

A tutti loro consiglio di:

  1. riflettere su questa frase di John M. Capozzi: “Esistono 3 tipi di persone: coloro che si meravigliano di ciò che accade, coloro che guardano accadere le cose e coloro che le fanno accadere”.