domenica 12 novembre 2017

il TeamPlayer ideale

Direi che se qualcuno vuole leggere, ricercare o documentarsi sulla Leadership non c'è che l'imbarazzo della scelta.
Anche il focus formativo è spesso rivolto alla Leadership: non c'è sicuramente problema nel trovare un corso su questo tema. Basta aprire google e digitare "corso Leadership" per vedere quanto il mercato formativo offra.
Mi sono spesso chiesto se dare la responsabilità alla leadership per tutte le efficienze o le inefficienze di un team sia corretto. E il giocatore di squadra ? Quale focus su di lui ? Quali le sue responsabilità ?
Ho cercato del materiale e mi sono imbattuto nell'interessante libro di Patrick Lencioni "Il Team Player Ideale".

Seguendo il modello già visto in "La Guerra nel Team", Lencioni racconta inizialmente una storia realistica, delineando una serie di personaggi che poi troveremo nel modello teorico alla fine del libro.
In estrema sintesi (per chi fosse interessato consiglio la lettura del libro), Lencioni identifica tre virtù. Il Team Player Ideale è ....

- umile
- appassionato
- brillante

Non mi dilungo sulla spiegazione (per chi fosse interessato ho realizzato una sintetica scheda scaricabile dal seguente link), lascio invece qualche domanda che mi sto facendo per riflettere ed approfondire il modello:

- Come trasformare dei concetti come le virtù in comportamenti osservabili ?
- il modello propone 7 profili (teamplayer ideale, umile, appassionato, brillante, involontariamente caotici, abili politici, adorabili lavativi). Come semplificarlo per un uso quotidiano?
- in quale profilo mi riconosco io ?
- su quale virtù devo crescere di più ?
- come "trasmetterlo" in modalità esperienziale durante i corsi formativi ?

lunedì 9 ottobre 2017

Professori, FormAttori e Facilitatori



Parecchi anni fa ho trovato da qualche parte (internet ? libro ? ...) una definizione provocante ma veramente simpatica del ruolo dell'insegnante, del professore, insomma di chi lavora sull'apprendimento personale e degli altri.
Non ricordo veramente più chi è l'autore della citazione (mi sembrava una autrice); ho provato più volte a ritrovarla ma le mie ricerche su Google non hanno avuto successo.

Comunque esprimeva più o meno il seguente concetto.

Ci sono tre tipi di "formatori": la differenza tra loro dipende dalla loro passione, o meglio "dove"a è focalizzata la loro passione. Abbiamo quindi:

- i "professori": la loro passione è il sapere, la conoscenza. Si circondano di libri, leggono moltissimo. Conoscono autori e teorie, sono spesso concettuali puri.
- i "FormAttori": sono appassionati di sè stessi. La possibilità di essere al centro dell'attenzione, di dimostrarsi superiori è un modo per nutrire il loro ego. Amano i riflettori, il palco. Parlano tanto, fanno parlare poco. Loro hanno il sapere e hanno fatto tutte le esperienze .... gli altri devono imparare.
- i "Facilitatori". La loro passione è orientata alle persone: il loro obiettivo è che gli altri crescano. Si rifanno al motto di Galileo Galilei " Non puoi insegnare qualcosa ad un uomo. Lo puoi solo aiutare a scoprirla dentro di sé.". Sanno lavorare "dietro alle quinte", tendono a non mettersi in mostra e non insegnano, ma (appunto) facilitano, ed in questo processo apprendono costantemente.

Come Kolb propone, ogni ruolo sarà adatto agli stili di apprendimento dei discenti.

- gli assimilativi, amanti di teorie e concetti, apprezzeranno lo stile dei professori;
- chi ha LOC esterno e scarsa proattività probabilmente preferirà i "FormAttori";
- proattivi e persone con buona stima di sè stessi probabilmente apprezzeranno essere accompagnati da un facilitatore.

Ad ognuno il proprio docente .......



mercoledì 16 agosto 2017

Il blog è morto

Il Post precedente a questo è datato 30 dicembre 2016. In questi 6 mesi non ho creato nessun Post e la sensazione che il blog sia un "sistema" senza energie è quasi una certezza.
Analizziamo qualche numero:
- ho aperto questo blog nel lontano 2007 con un Post sulle Mappe Mentali.
- in questi anni ho pubblicato 487 Post;
- ho registrato un totale di 115.120 pagine viste;
- 62.102 visitatori
Pensiero critico: numeri decisamente piccoli, soprattutto se confrontati con i numeri che sfornano oggi certi account su Instagram, YouTube e social network vari. Diamo per scontato ( ci hanno insegnato)che dobbiamo puntare a numeri alti. Inizio a chiedermi se è sinonimo di qualità.

Il Corriere evidenzia come il Wall Street Journal abbia chiuso 8 blog e che il microblogging abbia "schiacciato" il blogging grazie a 4 fattori: la banda larga mobile, i social network, le app e le notifiche. Tutto questo ha reso più veloce condividere contenuti facili (video, foto, frasi da 140 caratteri).

Focus scriveva che il blog era morto nel 2011 ...

Interessantissima l'analisi del Post di Riccardo Scandellari. In particolare sono incredibilmente d'accordo sul fatto che scrivere un blog è faticoso perché chiede di essere "interessanti e pertinenti" e questo richiede una competenza comportamentale chiamata "comunicazione".

Nel leggere i vari articoli sul tema mi sono accorto di una importante analogia: quando si parla di "microblogging" le parole più spesso associate sono "veloce e facile"; quando si parla di blogging le parole associate sono "lento e difficile".

Alla fine mi sono fatto questa personalissima idea: il blog è "lento e difficile" perchè è nato con l'obiettivo di generare qualità; il microblogging è "veloce e facile" perchè è nato con l'obiettivo di generare quantità.

Il blogger è chiamato a mettere in atto capacità e competenze complesse:
- essere interessante
- essere pertinente
- dedicare tempo
- avere competenze di comunicazione
- possedere competenze di analisi e di sintesi
- avere capacità strategiche e progettuali
- provare veramente passione per un tema 
- mettere al centro la propria passione (e non sé stessi)
- essere dei portatori sani dei 4 principi alla base di Wikinomics: apertura, peering, condivisione e azione di portata globale

Direi che potremmo applicare il Principio di Pareto anche a questo tema: il 20% dei contenuti genera l'80% della qualità. L'80% dei contenuti genera il 20% della qualità. Chiaramente dobbiamo metterci d'accordo su cosa significhi "contenuto di qualità" .....

E qui mi vengono in mente le parole di Evan Williams (guarda caso uno dei fondatori di Blogger, la piattaforma su cui sto scrivendo): l'architettura del web non è stata fatta per supportare la qualità, ma la quantità.