Sono rientrato da circa una settimana dal Workshop “Silence” organizzato da Via Experientia in Islanda. Nessun noioso riassunto, se siete curiosi ecco una selezione delle 576 foto pubblicate su Flickr:
Durante il Workshop abbiamo passato due giornate in completo silenzio, ed ognuno di noi era libero di impiegare il tempo nella libertà più totale. Personalmente mi sono dedicato a degli Hiking non lunghi ed estremamente lenti. Oggi, a distanza di più di una settimana, mi sto lentamente rendendo conto di cosa sia successo. Una delle cose più affascinanti è stata la “dilatazione” del tempo: non avevo orari, non c’erano scadenze o appuntamenti che scandissero il tempo. Complice la presenza di luce solare fino a tardi (c’era luce quasi fino a mezzanotte), avevo perso la sensazione del tempo e questo mi ha permesso di “riflettere”, in un senso del termine che non avevo mai sperimentato.
“Riflessione”, parola semplice e decisamente (da me) abusata. E’ normale, durante i corsi esperienziali, passare dall’Esperienza alla Riflessione (come il ciclo di Kolb ci insegna). Non avevo mai avuto l’occasione di Riflettere per due giornate intere in modo continuo, e non mi ero reso conto di quanto in profondità si possa andare.
L’etimologia di riflettere è interessante: dal latino reflectĕre, ossia ripiegare, volgere indietro. Il suo primo significato deriva dalla fisica, intendendo la capacità della superficie di un corpo di rinviare, sotto forma di onde riflesse, una parte dell’energia delle onde incidenti. Di conseguenza il significato riferito all’atto mentale della riflessione indica “riverberare” il pensiero. La filosofia si è sicuramente interessata alla capacità di riflettere, la pagina di Wikipedia merita sicuramente un’attenta lettura.
Ma a me interessa la “riflessione” da un punto di vista formativo, riferendomi ai momenti di riflessione che proponiamo durante i corsi formativi esperienziali. Quali sono gli obiettivi della riflessione ? Direi:
- ripensare all’esperienza da altri punti di vista;
- ascoltare altri punti di vista e riformulare i propri;
- “scavare”, “rivedere”;
- far emergere connessioni, spunti, collegamenti, …
- elaborare;
- acquisire consapevolezza;
- usando un termine poco elegante e preso dall’agricoltura “vangare” ….
…. e da quest’ultimo termine nasce una scoperta interessante. Vangare significa rivoltare le zolle di un terreno con la vanga, un’attività che serve all’uomo per coltivare la terra. In latino coltivare si dice còlere da un’antica radice, kwel, che vuole dire “ruotare”, “girare”, “camminare in cerchio”. Dal participio futuro di còlere, nasce la parola cultura. L’analogia è chiara: come l’uomo girando la terra coltiva le piante, noi girando i nostri pensieri (riflettendo) facciamo nascere la nostra cultura ….
Ma di cosa c’è bisogno per riflettere ? Ecco che l’esperienza in Islanda mi ha fatto notare che una delle necessità fondamentali è il tempo; e il tempo deve essere di qualità e di quantità.
Per tempo di qualità intendo:
- un periodo di tempo in assenza di “noise” (suoni, rumori, squilli, urla, motori, …);
- un periodo di tempo in assenza di distrazioni (persone esterne, telefoni, eventi che attirino la nostra attenzione, …);
- un periodo di tempo in un luogo fisico “adatto” (senza “noise”, povero di distrazioni, luminoso, con una temperatura piacevole. Può essere molto soggettivo, ma direi che la natura aiuta molto …);
Per tempo di quantità intendo invece ….. tempo. Tanto tempo. Una domanda mi è sorta spontanea: “nei progetti formativi esperienziali qual è il giusto rapporto tra il tempo dedicato all’esperienza e quello dedicato alla riflessione ?”.
Oltre al tempo, di cosa c’è bisogno per una buona riflessione ? Probabilmente delle buone domande. Le domande sono degli strumenti fondamentali per stimolare la riflessione, in noi stessi e negli altri. Penso che innanzi tutto debbano essere prevalentemente domande aperte (quelle che non prevedono anticipatamente risposte preconfezionate da chi pone le domande e che lasciano maggiore libertà a chi risponde di scegliere forma, contenuto e lunghezza della risposta). Possiamo usare anche le domande chiuse (quelle i cui tipi di risposta sono fissati da chi pone le domande, un classico sono le domande a cui si risponde con un si o con un no), ma con moderazione: la riflessione deve rimanere un momento di esplorazione, di dubbio …. per definire certezze e regole c’è un altro momento (= la Concettualizzazione del ciclo di Kolb).
Infine mi sono chiesto: su cosa fare le domande ? Focalizzando la nostra attenzione sulla formazione “comportamentale” mi viene spontaneo pensare ai comportamenti. Abbiamo vissuto un’esperienza, una situazione dalla quale noi riceviamo degli stimoli ….
Step 1. Le “porte” degli stimoli sono i 5 sensi, e quindi possiamo sicuramente porre/porci domande su cosa abbiamo visto, cosa abbiamo sentito (sia audio, sia tattile), sugli odori/profumi, caldo/freddo, gusto ….. L’obiettivo delle domande sui sensi ci permetterà di esplorare ed inquadrare bene la “situazione” o meglio come l’abbiamo percepita.
Step 2: cosa è successo dentro di noi ? Quali Pensieri Consci (Pc) sono scaturiti a seguito delle percezioni ? Probabilmente il nostro cervello ha ripescato vecchie esperienze, altre situazioni, Pregiudizi ed Aspettative navigando nei Pensieri Inconsci (Pi) che sono sfuggiti ad un nostro controllo razionale immediato. Su questi Pi c’è molto da “vangare” …. E poi si apre il mondo delle Emozioni …. Che emozioni abbiamo provato ? Di che intensità ?
Step 3. Quali sono stati i Comportamenti generati dal “mix” di Pc+Pi+E ? Come hanno “risposto” alla situazione questi Comportamenti ? Che conseguenze/Effetti hanno generato ? Quali comportamenti sarebbero stati più efficienti ed efficaci ? ……..
Riflettiamoci.
Luigi pensavo a cosa potrebbe accadere se durante il debriefing di una attività esperienziale si intervallassero momenti di discussione a momenti di riflessione in silenzio
RispondiEliminaCiao Luca, penso dipenda molto dalla "maturità" dei partecipanti verso la riflessione e verso il silenzio.
RispondiEliminaNon darei per scontato che tutti sappiano riflettere.
Non darei neppure per scontato che tutti sappiano stare nel silenzio.
Al giorno d'oggi penso sia una competenza da acquisire.
lo proviamo a IALT7 ? si potrebbe anche riflettere su chi non ha riflettuto.
RispondiEliminaCOn Leonardo e Diego stiamo progettando in questi giorni IALT7. Qualche momento di "solo" ci sta sempre bene .... vediamo, dipenderà anche dai partecipanti.
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