In questi giorni il confronto con Luca Baiguini sulla formazione esperienziale, mi ha fatto tornare in mente uno schema sulle metodologie formative che Leonardo Frontani ci ha illustrato allo IALT1:
Sull’asse delle Y la quantità di informazioni che è necessario trasferire attraverso il percorso formativo, nell’asse delle X il tipo di Intelligenza coinvolta nel processo (dall’Intelligenza Cognitiva all’Intelligenza Emotiva/Comportamentale). Lungo la retta rossa varie metodologie formative presenti sul mercato. Infine la curva verde indica il tempo necessario (o forse è meglio dire “auspicabile”) per svolgere il percorso formativo.
Se il percorso prevede il trasferimento di un alto numero di informazioni la metodologia migliore è sicuramente l’Aula frontale: in poco tempo il docente può trasmettere molto contenuto ai discenti, che devono mettere in campo capacità prettamente Cognitive.
All’opposto se il percorso non prevede la trasmissione di molto contenuto, ma si concentra sull’aspetto Comportamentale dei discenti, la metodologia adatta è sicuramente l’Esperienziale. In questo caso però il tempo necessario per svolgere un buon percorso formativo è maggiore rispetto all’aula, perché per studiare gli aspetti dell’Intelligenza Emotiva (vedi Goleman) il tempo gioca un ruolo importante e fondamentale.
Tra questi due estremi, si possono utilizzare altre metodologie formative, come l’Aula informale e l’On The Job (ancora molto rivolte alla trasmissione di contenuti), il Mentoring e il Coaching (a metà strada) e la facilitazione che si avvicina all’Esperienziale.
Leonardo conclude con un’osservazione che mi trova completamente d’accordo: non esiste una metodologia migliore di un’altra, ma esistono degli Obiettivi Formativi per i quali si dovrà utilizzare la metodologia più adatta, o meglio ancora un mix di metodologie per creare quello che viene chiamato un percorso Blended.