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Riflessioni sulla Riflessione

Il cuore della formazione esperienziale è sicuramente il momento della riflessione, del debriefing. Troppo spesso l’attenzione è rivolta al momento dell’esperienza, soprattutto se si tratta di qualche attività fortemente “emozionale” (rafting, soft air, barca a vela, ….); ed il momento della riflessione passa in secondo piano. L’esperienza di per sé dovrebbe essere vista solo come lo strumento che permetterà alle persone di riflettere, maturare, apprendere.

Meglio quindi dedicare maggiore attenzione alla fase della riflessione e, possibilmente, strutturarla secondo modelli progettati. In questi giorni ne sto progettando uno …..

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FASE 1:

  1. consegnare ai partecipanti 1 o 2 post-it (a seconda del numero dei partecipanti stessi) ed un pennarello a punta grossa;
  2. porre una domanda aperta ai partecipanti (riguardante l’argomento formativo) e chiedere loro di scrivere una sintesi delle loro riflessioni sul post-it. La dimensione del post-it ed il pennarello li costringerà a scrivere poco, sarebbe meglio se scrivessero una parola chiave. In questo modo favoriremo la sintesi;
  3. dare il tempo necessario per una buona riflessione (tempo che dipenderà dal grado di maturità del gruppo, dall’argomento, …… etc etc);
  4. appendere al muro un foglio (A3 o di lavagna a fogli mobili) e scriverci sopra “Riflessioni”;
  5. al termine del tempo assegnato chiedere ad ogni partecipante di uscire ed appendere il post-it sul foglio e di dare una veloce spiegazione della riflessione fatta;
  6. chiedere ai partecipanti successivi di aggregare i loro post-it con quelli già presenti nel foglio nel caso le riflessioni coincidano con altre già proposte. In questo modo le riflessioni saranno aggregate a “isole”;

Questa modo di agire ci porta due vantaggi:

  • tutti i partecipanti sono chiamati ad impegnarsi nella riflessione e ad esporla (spesso nelle riflessioni in plenaria non tutti si impegnano o si esprimono);
  • favoriamo la sintesi delle idee (otteniamo un foglio con poche parole chiave, al posto di fogli di frasi scritte che mal si prestano ad analisi successive).

FASE 2:

  1. attacchiamo a destra del primo altri due fogli sul muro. Il primo sarà dedicato ai Concetti, il secondo alla Sperimentazione (chiaramente mi rifaccio al ciclo di Kolb);
  2. chiediamo ai partecipanti di:
    • elaborare le riflessioni emerse e di “astrarre” i Concetti che emergono da ogni Riflessione (sarebbe bene che per ogni Riflessione, o gruppo di Riflessione, emergesse solo un Concetto, questo per favorire sempre la sintesi); questo va scritto nel foglio “Concetti”;
    • immaginare due o tre esempi di applicazione del Concetto alla Realtà lavorativa quotidiana (oppure nella prossima attività esperienziale, se dovesse esserci); questo va scritto nel foglio “Sperimentazione;
  3. i partecipanti dovranno uscire a scrivere sui fogli i Concetti e le idee di Sperimentazione.
  4. far unire con delle frecce le Riflessioni ai Concetti ed alle idee di Sperimentazione;

In questa fase si può dare la libertà ad ogni partecipante di uscire su base volontaria oppure si può suddividere il gruppo in numero pari alle riflessioni emerse: ogni gruppo svilupperà il relativo Concetto e gli esempi di Sperimentazione.

Martedì ci provo ……

Riflessioni sulla Riflessione (in Silenzio)

Sono rientrato da circa una settimana dal Workshop “Silence” organizzato da Via Experientia in Islanda. Nessun noioso riassunto, se siete curiosi ecco una selezione delle 576 foto pubblicate su Flickr:

Durante il Workshop abbiamo passato due giornate in completo silenzio, ed ognuno di noi era libero di impiegare il tempo nella libertà più totale. Personalmente mi sono dedicato a degli Hiking non lunghi ed estremamente lenti. Oggi, a distanza di più di una settimana, mi sto lentamente rendendo conto di cosa sia successo. Una delle cose più affascinanti è stata la “dilatazione” del tempo: non avevo orari, non c’erano scadenze o appuntamenti che scandissero il tempo. Complice la presenza di luce solare fino a tardi (c’era luce quasi fino a mezzanotte), avevo perso la sensazione del tempo e questo mi ha permesso di “riflettere”, in un senso del termine che non avevo mai sperimentato.
“Riflessione”, parola semplice e decisamente (da me) abusata. E’ normale, durante i corsi esperienziali, passare dall’Esperienza alla Riflessione (come il ciclo di Kolb ci insegna). Non avevo mai avuto l’occasione di Riflettere per due giornate intere in modo continuo, e non mi ero reso conto di quanto in profondità si possa andare.
L’etimologia di riflettere è interessante: dal latino reflectĕre, ossia ripiegare, volgere indietro. Il suo primo significato deriva dalla fisica, intendendo la capacità della superficie di un corpo di rinviare, sotto forma di onde riflesse, una parte dell’energia delle onde incidenti. Di conseguenza il significato riferito all’atto mentale della riflessione indica “riverberare” il pensiero. La filosofia si è sicuramente interessata alla capacità di riflettere, la pagina di Wikipedia merita sicuramente un’attenta lettura.
Ma a me interessa la “riflessione” da un punto di vista formativo, riferendomi ai momenti di riflessione che proponiamo durante i corsi formativi esperienziali. Quali sono gli obiettivi della riflessione ? Direi:
  • ripensare all’esperienza da altri punti di vista;
  • ascoltare altri punti di vista e riformulare i propri;
  • “scavare”, “rivedere”;
  • far emergere connessioni, spunti, collegamenti, …
  • elaborare;
  • acquisire consapevolezza;
  • usando un termine poco elegante e preso dall’agricoltura “vangare” ….
…. e da quest’ultimo termine nasce una scoperta interessante. Vangare significa rivoltare le zolle di un terreno con la vanga, un’attività che serve all’uomo per coltivare la terra. In latino coltivare si dice còlere da un’antica radice, kwel, che vuole dire “ruotare”, “girare”, “camminare in cerchio”. Dal participio futuro di còlere, nasce la parola cultura. L’analogia è chiara: come l’uomo girando la terra coltiva le piante, noi girando i nostri pensieri (riflettendo) facciamo nascere la nostra cultura ….
Ma di cosa c’è bisogno per riflettere ? Ecco che l’esperienza in Islanda mi ha fatto notare che una delle necessità fondamentali è il tempo; e il tempo deve essere di qualità e di quantità.
Per tempo di qualità intendo:
  • un periodo di tempo in assenza di “noise” (suoni, rumori, squilli, urla, motori, …);
  • un periodo di tempo in assenza di distrazioni (persone esterne, telefoni, eventi che attirino la nostra attenzione, …);
  • un periodo di tempo in un luogo fisico “adatto” (senza “noise”, povero di distrazioni, luminoso, con una temperatura piacevole. Può essere molto soggettivo, ma direi che la natura aiuta molto …);
Per tempo di quantità intendo invece ….. tempo. Tanto tempo. Una domanda mi è sorta spontanea: “nei progetti formativi esperienziali qual è il giusto rapporto tra il tempo dedicato all’esperienza e quello dedicato alla riflessione ?”.
Oltre al tempo, di cosa c’è bisogno per una buona riflessione ? Probabilmente delle buone domande. Le domande sono degli strumenti fondamentali per stimolare la riflessione, in noi stessi e negli altri. Penso che innanzi tutto debbano essere prevalentemente domande aperte (quelle che non prevedono anticipatamente risposte preconfezionate da chi pone le domande e che lasciano maggiore libertà a chi risponde di scegliere forma, contenuto e lunghezza della risposta). Possiamo usare anche le domande chiuse (quelle i cui tipi di risposta sono fissati da chi pone le domande, un classico sono le domande a cui si risponde con un si o con un no), ma con moderazione: la riflessione deve rimanere un momento di esplorazione, di dubbio …. per definire certezze e regole c’è un altro momento (= la Concettualizzazione del ciclo di Kolb).
Infine mi sono chiesto: su cosa fare le domande ? Focalizzando la nostra attenzione sulla formazione “comportamentale” mi viene spontaneo pensare ai comportamenti. Abbiamo vissuto un’esperienza, una situazione dalla quale noi riceviamo degli stimoli ….
SPEC
Step 1. Le “porte” degli stimoli sono i 5 sensi, e quindi possiamo sicuramente porre/porci domande su cosa abbiamo visto, cosa abbiamo sentito (sia audio, sia tattile), sugli odori/profumi, caldo/freddo, gusto ….. L’obiettivo delle domande sui sensi ci permetterà di esplorare ed inquadrare bene la “situazione” o meglio come l’abbiamo percepita.
Step 2: cosa è successo dentro di noi ? Quali Pensieri Consci (Pc) sono scaturiti a seguito delle percezioni ? Probabilmente il nostro cervello ha ripescato vecchie esperienze, altre situazioni, Pregiudizi ed Aspettative navigando nei Pensieri Inconsci (Pi) che sono sfuggiti ad un nostro controllo razionale immediato. Su questi Pi c’è molto da “vangare” …. E poi si apre il mondo delle Emozioni …. Che emozioni abbiamo provato ? Di che intensità ?
Step 3. Quali sono stati i Comportamenti generati dal “mix” di Pc+Pi+E ? Come hanno “risposto” alla situazione questi Comportamenti ? Che conseguenze/Effetti hanno generato ? Quali comportamenti sarebbero stati più efficienti ed efficaci ? ……..
Riflettiamoci.

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