Come studiare un libro con le SketchNote


Ci sono libri che leggo, e libri che studio. Agile Company di Marco Dussin e Ivano Masiero  è un libro che ho studiato approfonditamente. Lo prendo come esempio per la scrittura di questo Post e colgo l’occasione per consigliarlo a chiunque stia approfondendo lo studio della metodologia Agile.

A questo link è possibile scaricare la sketchnote che ho realizzato per studiare il libro:



Seguo un preciso processo quando studio un libro, e le sketchnote rappresentano uno strumento fondamentale:

  • 1.       Analisi dell’organizzazione del libro (Sommario)
  • 2.       Studio di ogni capitolo e realizzazione SketchNote (in un unico foglio A4)
  • 3.       Aggregazione dei capitoli in un’unica sketchnote
  • 4.       Sintesi: 1 sketchnote in un foglio

1. Analisi dell’organizzazione del libro (Sommario)

Il processo è decisamente Top-down e parte dall’analisi del Sommario del libro. Comprendere il Sommario è fondamentale perché rappresenta la struttura che l’autore ha dato alla conoscenza. Personalmente ritengo che la Struttura sia data da due variabili:

·         Organizzazione = capitoli del libro

·         Ordine = sequenza dei capitoli

2. Studio di ogni capitolo e realizzazione SketchNote (in un unico foglio A4)
Dopo aver letto con attenzione il capitolo procedo con la realizzazione di una SketchNote, attenendomi ai seguenti punti:
·         1 capitolo = 1 foglio A4. Darsi dei limiti (il foglio A4 in questo caso) è fondamentale per ottenere sintesi
·         Le connessioni tra gli argomenti dei paragrafi sono trasformate in modo visuale nel Pattern della Sketch. Con argomenti molto scollegati tra loro il Pattern sarà probabilmente “Pop Corn”, argomenti in sequenza saranno rappresentati probabilmente da un pattern storyboard.

3. Aggregazione dei capitoli in un’unica sketchnote
I vari fogli /capitoli del libro sono ora aggregati in un’unica sketchnote per ottenere un unico quadro di insieme: il pattern sarà quasi sicuramente un Vertical o una Timeline. Il consiglio è poi di attaccare il risultato in un luogo dove possa essere spesso sott’occhio per poterlo studiare. Qui sotto la sketchnote del libro Agile Company nel mio ufficio (è larga 30 cm ed alta 1 metro e 65)


4. Sintesi: 1 sketchnote in un foglio
L’ultimo passaggio consiste nel sintetizzare tutta la sketchnote in un unico foglio A4. Naturalmente la sintesi sarà molto elevata ed il livello di overview molto alto. Durante quest’ultimo passaggio mi capita spesso di cambiare l’organizzazione della conoscenza. E’ probabile che studiando il testo abbia trovato (o creato) dei collegamenti tra gli argomenti dei vari capitoli diversi dall’autore:  mi ritrovo spesso a disgregare l’organizzazione dell’autore e a crearmi una mia personalissima forma di organizzazione. Quando questo accade, solitamente, sento di aver profondamente compreso ed appreso la conoscenza del testo.

domenica 10 novembre 2019

Il Modello delle 4C

Ho sempre ritenuto importante lavorare sui modelli teorici appresi, cercare di personalizzarli, renderli “miei” e soprattutto cercare differenze e analogie con altri modelli. Spesso alcuni modelli che provengono da scuole, filosofie e correnti di pensiero diverse, presentano alcune analogie molto forti. Quando questo accade, il modello mi interessa e mi incuriosisce particolarmente. E’ come se il fatto che diverse linee di pensiero arrivino alla stessa conclusione, renda il modello per me più “valido”.

In questo caso parto dai seguenti modelli:
• Concetto di competenza
• Ciclo dell’apprendimento di Kolb
• Apprendimento trasformativo di Mezirow

Il concetto di competenza da cui parto, l’ho appreso da Monica Fedeli, professoressa di scienze dalla formazione presso l’Università di Padova:


Competenza = conoscenza + capacità

La conoscenza (knowledge, sapere) è tutto ciò che possiamo trasmettere a voce o attraverso la scrittura, direi che è pura teoria. La capacità invece è intesa come abilità, il saper fare. Secondo la definizione vista sopra, la competenza è quando la conoscenza è messa in azione e diventa capacità, oppure quando la capacità è guidata da una conoscenza. Non sempre conoscenza e capacità si sovrappongono. Esistono molte persone che hanno la conoscenza, ma non sanno trasformarla in capacità. Così come persone capaci che non hanno la conoscenza di ciò che stanno facendo. Per far un esempio personale, io stesso mi reputo “capace” di guidare un’auto, ma non penso di avere la relativa conoscenza. Forse l’ho posseduta dopo aver fatto l’esame di guida, quando possedevo il ricordo dello studio teorico. Ora la conoscenza è diventata implicita (come direbbero
Nonaka e Takeuchi).

Sviluppare Competenze significa apprendere, ci deve essere quindi un collegamento tra questo modello ed il ciclo dell’apprendimento di Kolb. Le capacità si sviluppano facendo esperienza nella realtà, le conoscenze si sviluppano con i libri e nei corsi, quindi nel mondo della Teoria.

Inserisco quindi l’esperienza, elemento tanto caro a Kolb, alla base del modello. Dalla parte opposta il mondo della Teoria, ciò che si crea attraverso la fase di concettualizzazione del ciclo di Kolb. I due mondi sono naturalmente lontani, ma entrambi sono necessari per lo sviluppo della competenza.
Ma come passare dall’esperienza alla teoria, o viceversa dalla teoria alla realtà ? Attraverso due processi mentali ben definiti dal mondo filosofico: l’induzione e la deduzione.

Come recita wikipedia l’induzione è “è un procedimento che partendo da singoli casi particolari cerca di stabilire una legge universale”, mentre la deduzione “è il procedimento razionale che fa derivare una certa conclusione da premesse più generiche”. Dopo aver vissuto una esperienza nel modo reale, il processo di induzione (quella che Kolb chiama riflessione attiva) ci permette di costruire dei modelli teorici di riferimento. Se invece partiamo da modelli e teorie , attraverso il processo mentale della deduzione possiamo gettare un ponte tra la teoria e la realtà. 

Tutto il modello è (per così dire) immerso nelle “Convinzioni” quelle che Jack Mezirow chiama “sistemi di riferimento” o “prospettive di significato”. Si tratta di valori profondi, principi di riferimento che guidano più o meno consapevolmente i nostri comportamenti. Modificare le nostre convinzioni parte, secondo la teoria dell’apprendimento trasformativo, da un “dilemma disorientante”.
Ecco quindi il modello delle 4C: Conoscenza, Capacità, Competenza e Convinzioni. Le 4 parole potrebbero non essere le migliori (ad esempio Abilità è forse meglio di Capacità …) ma ho preferito individuare 4 parole che avessero le stesse iniziali per facilitare la memorizzazione del modello.

Lightning Decision Jam


Il Lightning Decision Jam è un processo di facilitazione utilizzato nelle situazioni in cui un gruppo debba prendere delle decisioni, risolvere problemi o discutere particolari situazioni.

A questo link è possibile stampare il file PDF delle istruzioni.

Preparare 5 fogli di FlipChart con i titoli delle 8 fasi, attrezzarsi di Post-it, pennarelli e di tutto quanto necessario per svolgere più sessioni di Brainstorming.

1.Cosa funziona bene ? Scrivere su Post-it le cose che funzionano bene relative al tema di discussione (n° post-it e tempo a seconda del n° di partecipanti). Obiettivo: iniziare la sessione con un pensiero positivo.

2. Quali sono i problemi ? Scrivere su Post-it di colore diverso le problematiche, gli errori, i fastidi relative al tema di discussione., Chiedere ai partecipanti di aggregare i Post-it con lo stesso significato. Questi Post-it rappresentano le cose negative che rallentano la nostra barca e potrebbero impedirle di andare avanti.

3. Prioritize Problems. Mentre i Post-it sono ancora sopra alla barca chiedere ai partecipanti di attaccare al massimo 3 bollini (oppure 3 «x» con un pennarello) sulle problematiche che ogni partecipante reputa più importanti. 1 bollino per post-it ed è consentito votare i propri post-it. Una volta priorizzati i problemi staccare i Post-it dalla Barca ed attaccarli sul 2° foglio in ordine di priorità.Stimolare un confronto tra i partecipanti sul risultato ottenuto.

4. How Might We … ? Trasferire i principali problemi nel nuovo foglio in ordine di priorità e chiedere ai partecipanti di riformulare il problema in una domanda che inizia con «Come potremmo ……». Si consiglia di usare un colore diverso di Post-it.

5. Brainstorming Solutions. Facilitare un Brainstorming sulle possibili soluzioni: per ogni domanda ogni persona può proporre qualsiasi tipo di idea. Tempo e n° di Post-it a seconda del numero di partecipanti. Si consiglia di usare Post-it di colore diverso.

6. Prioritize Solutions. Aggregare eventuali soluzioni uguali e chiedere al gruppo di votare con 3 bollini a persona.

7, Scegliere le soluzioni. Scegliere le soluzioni più votate ed inserirle nel grafico impatto/impegno. In questa fase l’obiettivo è capire qual è l’impegno necessario per eseguire le soluzioni e il loro impatto sulla soluzione del problema. Seguire quindi il seguente schema:
•alto impatto/basso impegno = fare subito
•alto impatto/alto impegno = fare un progetto
•basso impatto/basso impegno = fare un’attività
•basso impatto/alto impegno = tralasciare per ora

8. Trasformare le soluzioni in attività pratiche. Spostare i post-it del quadrante alto impatto/basso impegno ed attaccarle sul foglio. Facilitare un Brainstorming e chiedere a tutti di creare 3 azioni pratiche che permettano di testare la soluzione proposta nel giro di pochissimo tempo. Le azioni devono permettere di validare la soluzione proposta. E’ possibile anche spostare gli altri Post-it e creare una To-Do List con indicato COSA fare, CHI lo fa ed entro QUANDO.

Buon lavoro !



Gli apprendimenti del Draw Toast


Il Draw Toast è un processo di facilitazione molto noto, forse grazie al TED Talk di Tom Wujec. Grazie a questo processo è possibile “visualizzare” come le persone pensino che “le cose vadano” ed è utilissimo in situazioni di Problem Solving e Pianificazione.

Ho preparato delle “Istruzioni per l’uso” che distribuisco ai partecipanti al processo: puoi scaricarle a questo link.

Penso sia oramai da 4 anni che utilizzo questo processo con i gruppi e devo dire che mi ha lasciato grandi apprendimenti.

Parcellizzare. Grazie ai Post-It possiamo “spaccare” il nostro modo di vedere i fatti in piccole parti. Queste piccole parti possono poi essere buttate, spostate, aggregate creando delle realtà diverse e più complesse. Riflettere e spostare i post-it permette di comprendere meglio la realtà che stiamo disegnando. Tom Wujec dice che “la facilità con cui modifichiamo una rappresentazione si collega alla nostra volontà di migliorare il modello”.

Punti di Vista personali. Ogni volta che chiedo ad un gruppo di persone di “visualizzare” un processo del loro lavoro, il risultato è sempre sorprendente: ogni persona ha il suo personale modo di vedere come le cose avvengono.

Uso dello spazio. Ogni persona usa degli “ordini” dello spazio per dare significati diversi. C’è chi lavora in orizzontale, chi in verticale. C’è chi crea solo processi lineari, chi crea biforcazioni. Infine c’è chi crea processi con più livelli: fasi principali e sotto fasi con dettagli maggiori.

Rapporto tra dettaglio e complessità. Chi disegna i processi con molti post-it (sopra i 13/15 post-it) aumenta il grado di dettaglio ma rende lo schema complesso. Sotto ai 5 post-it lo schema risulta troppo riduttivo. I processi finali, aggregati dai singoli, sono spesso più ricchi di post-it. Ma dopo qualche ciclo di miglioramento (fase 4+ fase 5) tendono a snellirsi.

Una delle regole del Draw Toast è “vietato scrivere testi, solo disegnare”. Questa regola mi ha fatto scoprire due cose. La prima è che in generale molte persone hanno paura di disegnare, tanto quasi da rifiutare la regola. Personalmente penso sia una forma di imbarazzo e soprattutto la paura del giudizio. La seconda scoperta è che questo processo non sarebbe possibile se nei post-it ci fossero parole e non disegni. Il disegno è portatore di un significato più ampio. Una volta compreso cosa significa un disegno simbolico diventa molto più facile il processo di spostare e confrontarsi sui post-it delle altre persone. Per concludere da sottolineare che l’iniziale imbarazzo passa molto velocemente quando le persone si concentrano sull’attività e il processo porta a veloci risultati.

Separare il parlare dall’agire. Quando ho iniziato a proporre questo processo non avevo introdotto la regola del silenzio nella fase in cui le persone devono creare un processo unico (fase 3 delle istruzioni). Il risultato era che dopo 5 minuti il gruppo non aveva ancora prodotto nulla: si era aperto il conflitto su quale dovesse essere il primo post-it. Ho quindi introdotto la regola ferrea che mentre il gruppo lavora e sposta i post-it per creare il singolo processo è assolutamente vietato parlare. Viceversa, quando il gruppo parla e si confronta è vietato agire e fare qualsiasi modifica. E’ stupefacente quanto i gruppi diventino in questo modo efficaci ed efficienti. Intervallando in modo ciclico parola ed azione (fase 4 e fase 5 delle istruzioni) i gruppi realizzano dei risultati via via sempre migliori, dando a tutti un profondo senso di soddisfazione.

Esplorare il caos. Quando i gruppi passano dai singoli processi a quello di gruppo (fase 3) all’inizio regna il caos. Le successive fasi di miglioramento (fase 4 e fase 5) permettono alle persone di esplorare il caos e trasformarlo in chiarezza. Alla fine si ottiene un unico sistema che comprende la grande varietà dei punti di vista delle singole persone.

Allineamento. Nella fase appena descritta avviene un profondo allineamento tra le persone su come pensano che le cose avvengano. Penso sia la fase più importante di tutto il Draw Toast.

Risultato. Ultima osservazione: il processo finale realizzato con i Post-it diventa il risultato visibile e tangibile delle conversazioni tra le persone. Questo lascia nel gruppo un profondo senso di soddisfazione: “non abbiamo solamente parlato, abbiamo prodotto un risultato”.



R.E.O.P.A.



Ho iniziato a studiare Time Management attorno agli anni 2000. Oggi mi riesce veramente difficile capire se il processo che io chiamo R.E.O.P.A. nasce più probabilmente dal metodo di David Allen piuttosto che dal TMI International. Poco importa ….
Ritengo che il Time Management sia una competenza molto difficile. Richiede disciplina e volontà. Direi molta leadership su sé stessi. Ma passiamo al processo, sono 5 fasi da seguire con rigore.

RACCOGLIERE. Siamo bombardati da informazioni che arrivano da tutte le parti: mail, messenger, conversazioni, incontri, fogli di carta, idee personali…. In questa fase dobbiamo raccogliere tutto in meno contenitori possibili: mano a mano che arrivano stiamo ben attenti a raccoglierle in "luoghi" che dovremo svuotare nella fase successiva.

ESAMINARE. Se abbiamo lavorato bene avremo tutte le informazioni raccolte in pochi e controllati "contenitori". E' il momento di passarle al setaccio per esaminarle. Cosa sono ? Riguardano una attività che ho in corso ? Mi servono per raggiungere i miei obiettivi ? Che risultati importanti possono darmi ? Una serie di domande ci permetterà di delegare/archiviare/cestinare, oppure di proseguire inserendo le informazioni nel sistema di gestione.

ORGANIZZARE. Se le informazioni sono passate attraverso il "filtro" della fase precedente, entrano nel sistema di gestione e sono inserite in Attività. Le informazioni arrivate potrebbero cambiare la data della prossima azione precedentemente decisa, o forse la prossima azione stessa. Oppure potrebbe essere sufficiente archiviarle nell'attività pronte ad essere utilizzate appena l'attività è schedulata.

PIANIFICARE. Una volta organizzate tutte le informazioni è il momento di pianificare la ToDo list giornaliera. Settimanalmente (di solito il venerdì) è indispensabile "alzarsi di livello" e vedere la situazione della pianificazione delle Attività. Alla fine del mese "ci si alza" ancora di più per vedere la situazione dei progetti. Una volta all'anno è il caso di pianificare gli obiettivi.

AZIONE. Le 4 fasi sopra hanno generato l'organizzazione delle informazioni e la pianificazione del calendario e della ToDo List. E' il momento di passare al lavoro agendo sulle attività definite, senza dimenticarci che ogni attività non è finita fino a che non ci siamo chiesti "Qual è la prossima azione e quando ?".




domenica 16 dicembre 2018
Tag :

Cosa sono le Soft Skills ?

Nel mondo della formazione si parla spesso di Soft Skills. Ma cosa sono veramente? Ho provato spesso a cercare una definizione.


Continuando a navigare si può trovare di tutto:
- caratteristiche personali importanti in qualsiasi contesto lavorativo
- riguardano le capacità comportamentali e relazionali di un individuo e che possono essere applicabili a una vasta gamma di settori.
- sono le soft skills, ovvero le competenze trasversali, a renderci più attrattivi e performanti sia in fase di selezione che sul posto di lavoro.
- Per soft skill intendiamo una particolare abilità e competenza di un soggetto propedeutica all’interazione efficace e produttiva con gli altri, sia sul posto di lavoro che al di fuori di esso.
- …..

Nella varietà delle definizioni mi permetto di dare il mio contributo, proponendo la mia personale definizione:
Le competenze Comportamentali (Soft Skills) sono una serie di abilità, guidate da relative conoscenze, che permettono alla persona di adottare precisi comportamenti al fine di rendere le situazioni di vita efficaci ed efficienti.

Nella mia definizione ci sono alcune parole che ritengo importanti: innanzi tutto la presenza di “abilità” che vengono guidate consapevolmente da “conoscenze” acquisite. Questo per garantire la definizione di Competenza = abilità + conoscenza.
Importante sottolineare che le competenze servono per adottare “comportamenti” precisi, scelti e definiti dalla persona, direi in modo “consapevole” e non casuale o inconsapevole.
Infine lo scopo: adottare precisi comportamenti serve per rendere la situazione che stiamo vivendo efficace ed efficiente. Chiaramente è importante avere chiaro gli obiettivi per cui stiamo operando, altrimenti sarebbe difficile definire l’efficacia e l’efficienza.

Interessante anche capire qual è la differenza tra le Soft Skills (Competenze Comportamentali) e le Hard Skills (Competenze Tecniche) da un punto di vista di apprendimento. Per spiegarmi farò uso dello schema che trovate sopra a questo Post.
Riparto dalla definizione: ci servono abilità e conoscenze, e su questo Hard e Soft sono uguali. La differenza fondamentale sta sul livello di generalizzazione delle conoscenze. Nelle Hard il livello di generalizzazione delle conoscenze teoriche è basso: generalmente si tratta di regole o precisi processi. Pensiamo alla grammatica di qualsiasi lingua (regole grammaticali) o alla sequenza di comandi necessaria per svolgere una funzione con un software. Alla persona non è richiesta molta “interpretazione”: deve eseguire con precisione le regole e le norme che la conoscenza detta, sviluppare abilità con la ripetizione e l’allenamento, e la competenza è acquisita.

Con le Soft Skills invece il livello di generalizzazione della conoscenza è elevato. Si parla di “concetti”, “principi”, “assiomi”, “modelli teorici”. La conoscenza è molto più astratta e richiede alla persona molta interpretazione per “portare a terra” e trasformare “la teoria in pratica”. Questa possibilità di ampia interpretazione comporta che lo stesso “concetto” possa essere applicato e trasformato in migliaia di comportamenti diversi. Quale sarà quello corretto? L’efficacia e l’efficienza può essere data solo dal risultato della situazione.
Penso che sia per questo motivo che le Soft Skills siano una materia difficile: richiedono alla persona molto più lavoro deduttivo (dal generale al particolare). La formazione e lo studio della conoscenza sulle Soft Skills non danno la ricetta di come comportarsi, forniscono ingredienti. La persona che studia le Soft Skills nel suo lavoro deduttivo è chiamata a prendere decisioni rischiose: di solito non c’è una risposta nella conoscenza; ci sono solo scelte e i risultati vanno chiaramente definiti se si vuole essere performanti.


mercoledì 28 novembre 2018

The SketchNoteBook 2.0


Sono passati già 4 anni dall'uscita della prima versione del mio personale manuale sulle SketchNote. Era giunto il momento di creare un "Upgrade" del manuale per svariati motivi. 
E' stato un manuale che ho utilizzato in numerosi corsi di SketchNote, e direi che ha svolto la sua funzione. Proprio durante questi corsi mi sono però reso conto di numerosi miglioramenti che avrei potuto portare. Il primo è sicuramente il formato: sono passato da un 21x21 cm ad un "semplice ed agile" formato A4. Questo permetterà sicuramente di stamparlo agevolmente.
Ho riflettuto molto se realizzarlo con una orientazione "landscape" (orizzontale) o "portrait" (verticale). Alla fine ho optato per l'orientamento "landscape" privilegiando l'uso di un PDF sul monitor di computer o con il tablet.
Ho tolto poi tutte le pagine che avevano lo sfondo nero: troppo spreco di inchiostro durante la fase di stampa.
Infine un mucchio di sketch che avevo realizzato 4 anni fa, le reputavo ad oggi "terrificanti" …. questo a riprova di quanto si possa migliorare facendo esercizio.

Eco qui quindi SketchBook 2.0.

Ho anche riflettuto se pubblicarlo nuovamente sul canale "classico" del libro stampato ed ho poi pensato di orientarmi solo sulla diffusione digitale. Questo perché mi permetteva anche di poter proporre la condivisione e non la vendita di questo prodotto. Questo argomento mi interessa molto: da un lato ho il timore che se un lavoro non ha un prezzo economico, non si riesca ad assegnargli un valore intrinseco. Dall'altro non ho nessuna intenzione di guadagnare dalla condivisione di un sapere che non sento mio. 
Come uscirne ? Ho pensato a tre possibilità già collaudate con le SketchNote Card.
Sulla pagina di Gumroad di SketchNoteBook 2.0 troverete tre opzioni per scaricare il file:

1. Free: basta inserire "0 €" nel prezzo, ma se lo scarichi per lasciarlo nel computer e non utilizzarlo … allora non scaricarlo.

2. Free and Share: ti propongo uno scambio: tu lo scarichi (basta inserire 0 € nel prezzo) ed in cambio lo condividi via mail con un amico, all'interno del tuo blog, sito, pagina facebook.
Ecco il link: https://gum.co/sketchnotebook_2_0

3. Donate: decidi tu il valore che vuoi dare a questo lavoro, inserisci la cifra e scarica. Pensa che stai dando un valore che sarà direttamente proporzionale all'uso che ne farai.

Buona lettura e buone sketch !



sabato 1 settembre 2018

Dinamiche di Evoluzione dei Gruppi


Sono tre i modelli di evoluzione dei gruppi che mi hanno più influenzato: Tuckman, Lencioni e TPM di Drexler & Sibbet.
Il modello di Tuckman lo considero quasi un “classico”, risale al 1965 ed ha dalla usa la “semplicità” di modellizzare l’evoluzione in solo 4 fasi ( anche se poi nel 1977 ha aggiunto la 5° fase: adjourning).
Lencioni nel suo testo “La guerra nel Team” descrive 5 disfunzioni insite nei team. Personalmente lo reputo interessante perché mette al centro dell’evoluzione del gruppo aspetti “comportamentali” umani.
Infine il TPM di Drexler & Sibbet: è un modello preciso, ma forse troppo dettagliato per essere ricordato con facilità senza avere sottomano lo schema grafico.
Sicuramente questi modelli mi hanno influenzato nell’elaborare un mio personale modello: in questo senso non penso di essermi inventato nulla di nuovo, ma solo assemblato e riordinato una serie di modelli e concetti che mi guidano oggi nell’osservazione dei gruppi.
[Relationship]: non penso possa essere definita una “fase”, in quanto non finisce mai. La relazione è direttamente proporzionale alla conoscenza e alle esperienze che si fanno assieme. Sicuramente quando un gruppo di persone nuove si incontra questo momento di creazione di relazione è molto evidente. Ognuno cerca di conoscere le persone attorno e cerca di farsi conoscere dando una certa impressione di sé. Consciamente o inconsciamente le persone cercano uguaglianze e diversità; giudicano, esprimono opinioni, “attaccano” etichette agli altri. Ma anche quando la frequentazione dura molto tempo si continua a “conoscere” le persone. Le persone “cambiano” nel tempo: un evento personale può far cambiare molto caratteri e comportamenti e si è sempre attenti a registrare questi cambiamenti. In questo modo le relazioni diventano più salde o addirittura possono finire. Direi che la variabile più importante di questa fase è sicuramente la Fiducia (o la sfiducia). Come vedremo più avanti la presenza (o meno) di questa sensazione è fondamentale per la dinamica che può assumere il gruppo.
Ho osservato che un gruppo di per sé non parte in nessuna dinamica se non viene “ingaggiato” attraverso un [Obiettivo] o gli viene affidato un [Compito]. Questo evento è fondamentale e scatena le fasi successive del gruppo. La presenza di fiducia (o di sfiducia) aumenta la probabilità che la dinamica prenda due “strade” diverse ed opposte: una ascendente (verso buone performance) una discendente (verso scarsi risultati). Queste “strade” sono caratterizzate dalla successione di cicli di [Storming] e [Working].

DINAMICA ASCENDENTE
il compito o l’obiettivo porta il gruppo in [Storming]. Si tratta di una “tempesta” di idee, punti di vista, esperienze passate, opinioni, obiettivi personali. Se nelle relazioni prevale la fiducia con grande probabilità nello storming prevarrà il confronto (Lencioni parla di Conflitto Costruttivo). Altre variabili fondamentali per innescare una dinamica ascendente saranno il Focus verso l’obiettivo del team (e non verso obiettivi personali), la capacità di definire un Piano D’Azione (cosa fare, chi lo fa e quando) ed il fatto che le persone della squadra provino una sensazione di “ingaggio” verso l’obiettivo. Se sono presenti e prevalgono queste variabili con buona probabilità il gruppo passerà al lavoro [Working] ed otterrà dei risultati, magari non eccezionali ma pur sempre dei risultati. In questa fase di lavoro ci sono tre variabili indispensabili: impegno delle persone verso il compito, assunzione di responsabilità personale verso il proprio ruolo.
La fine di questa prima fase di lavoro [Working] è un momento delicato in cui si gioca la possibilità che il gruppo rimanga in una dinamica ascendente. I primi risultati sono oggetto di discussione: il gruppo ritorna in [Storming]. La presenza di un Leader è fondamentale, perché dovrà garantire che lo [Storming] non sia “casuale” o “nascosto” tra le persone, ma strutturato e alla luce del sole. La struttura sarà data dall’applicazione del ciclo di Deming (https://en.wikipedia.org/wiki/PDCA) in quanto il gruppo deve prendere una dinamica di miglioramento continuo: si parte da una fase di analisi del lavoro precedente svolto (Check) e dei risultati raggiungi. Fondamentale in questo momento che l’errore sia utilizzato del gruppo come una fonte di miglioramento (e non come una fonte di conflitto come avverrà nella fase discendente). Dalla fase di analisi il gruppo dovrà individuare degli apprendimenti e delle azioni di miglioramento (Act) per poi pianificare la fase di lavoro successiva (Plan). Sarà fondamentale introdurre una cultura di “Feedback” all’interno del gruppo, per scalzare la naturale tendenza al giudizio e alla colpa. Se il gruppo persegue in questa sequenza di [Storming] strutturati rivolti al miglioramento e di successivi [Working] la dinamica sarà ascendente ed il gruppo raggiungerà con grande probabilità risultati eccellenti, processi fluidi ed il clima relazionale tra le persone sarà positivo.
La mia personale (e quindi limitata) esperienza mi ha portato ad osservare che la dinamica vista qui sopra sia poco probabile in un gruppo in forma “naturale”. La mia impressione è che i gruppi non riescano ad innescare questa dinamica se non siano presenti delle culture e delle competenze all’interno del gruppo. Il ruolo della leadership è fondamentale: un leader che ha chiaro questa dinamica e che facilita la sua applicazione nel gruppo aumenterà notevolmente le probabilità che il gruppo imbocchi la fase ascendente.
DINAMICA DISCENDENTE
Se dopo l’arrivo del compito e/o obiettivo il gruppo entra un uno [Storming] caratterizzato dalla Sfiducia reciproca, la probabilità che il gruppo entri un conflitto di idee, punti di vista ed opinioni diverse è elevata. Ma (sempre per mia limitata esperienza) le persone hanno inizialmente paura del conflitto, e questo porta il gruppo ad entrare in una sorta di Armonia Artificiale. Lusinghe ed accettazione prevalgono, il gruppo sembra affiatato e coeso, ma in realtà le persone accettano e subiscono pur di non confliggere in nome del quieto vivere. Una caratteristica sempre molto evidente in questa fase è l’ironia: il gruppo scherza ed è forzatamente “simpatico”: in sostanza sta sminuendo il compito e cerca di tenere un clima positivo per non creare e provare sensazioni spiacevoli. In questa dinamica il Focus è lontano dall’obiettivo del team ed è prevalentemente centrato sull’Ego. Normalmente questo accade anche perché il gruppo è disinteressato all’obiettivo, le persone non sono coinvolte.
Uno [Storming] di questo tipo porta il gruppo ad un [Working] con basso impegno e conseguenti bassi risultati. Frequente in questa fase osservare che le persone non si assumano la responsabilità del proprio ruolo e dei risultati che portano: Prevale la frase “non è colpa mia”. La presenza di Locus Of Control esterno (vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Locus_of_control) aumenta la probabilità di questa dinamica. IN questa situazione i risultati solitamente non sono qualitativi o soddisfacenti. Se questa tipologia di cicli si ripete più volte con buona probabilità gli [Storming] diventeranno di due tipi: assenti o lunghi conflittuali ed inefficaci. Saranno assenti se le persone del gruppo non riescono a gestire il conflitto aperto, in realtà gli [Storming] saranno nascosti nei corridoi o alle macchinette del caffè e vissuti da sottogruppi che creano alleanze nascoste. Se pubblici probabilmente saranno conflittuali o completamente silenti, perché il gruppo non sa gestire il conflitto. Il Focus è totalmente rivolto allo Status e all’Ego, l’errore è vissuto come una fonte di conflitto, prevale la scusa, lo scarico di responsabilità e l’assegnazione di colpe all’esterno.
Se la dinamica procede in questo modo le fasi di [Working] saranno sicuramente caratterizzati da basso impegno, processi inefficaci e porteranno quindi a risultati insoddisfacenti. Un termometro di questa situazione è sicuramente il Clima relazionale che risulterà molto basso.

CONCLUSIONI:
Come già scritto sopra personalmente non ho mai osservato gruppi che riescano a perseguire una fase ascendente senza la presenza di Competenze specifiche. Condivido il pensiero di Lencioni quando parla di “disfunzioni” insite all’interno dei gruppi di lavoro: sembrerebbe che in modo naturale non siamo capaci di lavorare in squadra ma lo diventiamo solo se sappiamo apprendere delle competenze specifiche. Tra queste sicuramente evidenzierei:
- Intelligenza Emotiva
- FeedBack
- Ascolto
- Negoziazione & Gestione Conflitti
- Project Management
Risulta quindi evidente che il “TeamWork” è una competenza da apprendere: richiede messa in discussione personale, studio ed allenamento.

lunedì 27 agosto 2018

Formazione vs. Apprendimento


Organizzare formazione o facilitare l'apprendimento ? Ma che differenza c'è ? A volte è importante perdersi nelle definizioni delle parole.

La "formazione" è una serie di attività ed azioni intraprese o promosse da uno o più agenti allo scopo di determinare cambiamenti nelle conoscenze, nelle abilità e negli atteggiamenti degli individui e/o gruppi.

Il termine "apprendimento", per contro, mette al centro la persona nella quale il cambiamento si produce o è atteso. l'apprendimento è il processo attraverso il quale il cambiamento delle conoscenze, delle abilità e dei comportamenti sono acquisiti (Boyd, 1980).

C'è una corrente di pensiero che reputa sufficiente organizzare formazione: attraverso azioni di controllo, modellamento e rinforzo le persone dovrebbero cambiare. C'è una corrente che invece pensa all'apprendimento come un processo centrato sull'uomo. Carl Rogers sottolinea che l'apprendimento necessita di:

1. coinvolgimento personale: la persona deve essere coinvolta cognitivamente ed emotivamente
2. auto-iniziazione: la spinta all'apprendimento delve arrivare dall'interno
3. pervasività: il vero apprendimento cambia comportamenti, atteggiamenti e personalità delle persone
4. valutazione: solo il discente sa se l'apprendimento soddisfi le sue esigenze
5. il significato è nell'esperienza: quando c'è vero apprendimento la formazione è un'esperienza

Chi lavora in questo settore deve fare una scelta: formatori o facilitatori di apprendimento ?
domenica 8 aprile 2018

5 regole per usare i Post-It



Come al solito la differenza la possiamo fare stando attenti a piccoli particolari. Qui di seguito 5 regole (dal mio punto di vista) fondamentali per usare al meglio i Post-it:

- 1 concetto = 1 Post-it. Attraverso questa regola otteniamo la "parcellizzazione" delle idee/pensieri/concetti che stiamo trattando. Se "parcellizzate" potranno essere poi spostate, modificate, accartocciate a nostro piacimento. Uno degli errori più frequenti è invece scrivere più idee/pensieri/concetti nello stesso Post-It. In questo modo non saremo più in grado di trattarli in modo separato.
- Scrivere più grande possibile. In questo modo i Post-it sono visibili anche da lontano.
- Utilizzare Parole Chiave. Post-It piccoli e (come vedremo con la regola dopo)  pennarelli grossi  aiutano le persone a sintetizzare. I Post-it devono servire ad "agganciare" e ricordare le idee, non a "trasportare" frasi.
- Usare un pennarello. Una punta grossa in un Post-it aiuterà a sintetizzare e renderà il Post-it visibile da lontano.
- Scrivere in stampatello. Il Post-it deve essere facilmente leggibile da tutti per poterlo "utilizzare" durante il lavoro. Più è difficile da leggere un Post-it e più probabilità abbiamo che non venga utilizzato e quindi che l'idea vada persa.

Buon lavoro.

Blog Archive

The SketchNoteBook

The SketchNoteBook
il libro sulle SketchNote

Visual & SketcNote Shop

Visual & SketcNote Shop
Modelli Visuali per la formazione

Visualizzazioni totali

- borgo srl p.zza biagio marin, 13 - 35031 abano terme (pd) P.IVA 03388910287 © distinguersi o estinguersi ... - Powered by Blogger -