Archive for 2014

10 consigli per usare al meglio la lavagna a fogli mobili

Che siate formatori o gestori di una riunione, saper usare la lavagna a fogli mobili è molto importante. Mi diverto spesso a sfogliare le lavagne nelle sale riunioni delle aziende: trovo per o più vecchie lezioni di inglese, segno che la lavagna non viene utilizzata, oppure interi fogli con schizzi incomprensibili.
Sicuramente la lavagna non è usata al meglio, ma d'altronde non penso che a scuola ci abbiano mai insegnato ad usarne una in modo efficace.
Non pretendo qui di fare un corso in un post ... ma qualche consiglio può tornare utile. Ecco quindi 10 consigli per usare la meglio la lavagna a fogli mobili:
  1. Se dovete utilizzare pagine complesse, preparatele in anticipo: le persone non dovrebbero aspettare mentre le disegniamo.
  2. Se preparate molte pagine in precedenza, lasciate tra di loro dei fogli bianchi se prevedete di prendere appunti in diretta.
  3. Se dovete realizzare disegni o grafici complessi in diretta, preparate il foglio con delle tracce a matita. Il disegno una volta ultimato sarà più ordinato e professionale.
  4. Tenete una pagina finale per un riassunto della lezione. Realizzare una sintesi della lezione è importante per permettere un migliore apprendimento negli adulti.
  5. Usate la prima pagina per inserire il titolo, il tema della presentazione o le prime fasi dell'incontro (PAABMOR).
  6. Se preparate delle pagine in precedenza ricordate di lasciare molto spazio nei fogli per i commenti e le aggiunte del pubblico.
  7. Utilizzate delle lettere grandi a sufficienza affinché tutto il pubblico possa leggere.
  8. Utilizzate prevalentemente colori scuri per il testo, lasciate i colori per i grafici. Non esagerate comunque con i colori: il loro abuso provoca più confusione che chiarezza.
  9. Dopo che avete scritto o disegnato sulla lavagna mettetevi di fianco e lasciate del tempo in modo che tutti possano leggere e comprendere.
  10. Se i fogli sono bene elaborati diventano un ottimo report per i partecipanti. Fate una foto ad ogni pagina e speditele ai partecipanti
Altri consigli da parte vostra ?

Domande e apprendimento

Porsi, o porre delle buone domande è fondamentale per innescare ed attivare il processo di apprendimento. Come il ciclo dell’apprendimento mostra, la fase successiva all’Esperienza è la Riflessione, e non c’è miglior modo di innescarla se non attraverso una buona domanda. Ma qual è il valore della domanda tra la fase dell’Esperienza e della Riflessione? E soprattutto qual è il suo “processo”? Ecco la mia personalissima risposta:
 
Fase 1: Apertura. Innanzi tutto bisogna “aprirsi” a tutto quello che accade. Ogni Esperienza, ogni evento può essere significativo. Un’espressione facciale, un movimento di occhi è un comportamento, ed esprime qualche cosa. Se non mi “apro” e non mi rendo pronto a queste osservazioni, l’apprendimento non può prendere il via.
Fase 2: Consapevolezza. La nostra parte inconscia (emisfero dx) è molto brava ad accorgersi di piccoli particolari, di sfumature (= segnali deboli) che la nostra parte conscia non coglie perché impegnata nel vivere l’esperienza in modo “cognitivo”. L’emisfero dx comunica all’emisfero sx ciò che ha colto attraverso dei segnali chiamati “emozioni”. Qui nasce la nostra possibilità di “consapevolezza”: aprirsi all’ascolto emotivo e chiedersi “perché provo questa emozione?” significa accorgersi e rendersi consapevole dei segnali deboli e di tutta la comunicazione “nascosta” che gli altri ci trasmettono.
Fase 3: Domanda. La consapevolezza dell’emozione ci permette di porci domande interessanti … “quale segnale debole ho visto?”, “che cosa è successo?”, “come è successo?”. Non c’è limite alle domande che possiamo porci o porre agli altri, e tutte aiutano a “scavare” nell’esperienza e renderla un patrimonio di apprendimento. In questa fase la vera difficoltà è essere capaci di rimanere “sospesi”, senza pretendere di trovare subito le risposte. Ciò che l’emisfero dx ha visto non è ancora stato qualificato, non l’abbiamo ancora capito, conosciuto o appreso e dobbiamo modificare i nostri schemi cognitivi per dargli un valore. Quando lo troviamo abbiamo la Risposta.
Fase 4: Risposta. La Risposta è un punto di arrivo in questo processo, un punto finale. Ma per questo è un punto direi “pericoloso”. La fretta di trovare risposte potrebbe nasconderci degli apprendimenti. Siamo capaci a “sopportare” la sospensione di una domanda? L’ansia di dare risposte potrebbe essere più forte. Probabilmente dobbiamo allenarci a vivere uno stato di “sospensione” e rimanere sui primi tre momenti di questo processo il più a lungo possibile, in quanto la fase 4 esaurisce un processo di ricerca profonda.

Quindi ….. direi che siamo tutti molto allenati alla fase 4, ma dobbiamo allenarci alle fasi precedenti: allenandoci soprattutto alla sospensione della valutazione e del giudizio (propria dell’emisfero sx), per rimanere in uno stato di analisi dei segnali deboli e ... apprendere.
lunedì 15 dicembre 2014

E' disponibile in libreria "Experiential Learning - Metodi, Tecniche e Strumenti per il Debriefing"


Dopo circa un anno di lavoro è finalmente disponibile in libreria "Experiential Learning -  Metodi, Tecniche e Strumenti per il Debriefing".
Già in altri Post sottolineavo come l'efficacia della formazione esperienziale dipenda molto dalla gestione delle fasi di debriefing. Mi sono spesso chiesto se sia corretto chiamarla "esperienziale" ... probabilmente sarebbe più corretto chiamarla "Esperienziale-Riflessiva".
Questo libro nasce dalla voglia di esplorare il momento della Riflessione: come avviene, quali strumenti possiamo utilizzare per facilitare questa fondamentale fase.
 


Estraggo dall'introduzione:

La prima parte del volume approfondisce il tema dell’apprendimento e della riflessione con applicazioni operative che riguardano i processi di sviluppo delle persone e delle organizzazioni con l’intenzione di far nascere e crescere nelle lettrici e nei lettori la consapevolezza dell’importanza di imparare a imparare, di apprendere dalle esperienze significative, grazie a un processo di riflessione solido e strutturato.
La seconda parte fornisce, in modo operativo, degli strumenti testati sul campo da professionisti esperti che intenzionalmente e con profondità si interrogano giornalmente sull’utilità e le finalità degli strumenti e delle tecniche che utilizzano per poter far sempre meglio il proprio lavoro e con un
atteggiamento di curiosità nei confronti delle situazioni e dei contesti, oltre che chiaramente delle persone che incontrano giornalmente per le quali sono chiamati a investire in termini etici e professionali per la loro crescita e per il loro sviluppo.


Da formatore, abituato alla pragmaticità delle sessioni formative, apprezzo le schede pratiche di debriefing che troverete nella seconda parte del testo. Raccoglierle assieme ad un team di colleghi è stato di per sè auto-formativo. 


Ci sono voluti molti anni per comprendere che l’efficacia della formazione deriva prevalentemente dalla fase di riflessione (reviewing) e non tanto, o non solo, dall’esperienza. Risulta dunque fondamentale spostare parte delle energie dalle “attività” esperienziali d’impatto, alle fasi di riflessione strutturata. Questo libro è figlio di questa esigenza che, inevitabilmente, ci ha spinti ad attivare un progetto di ricerca in tal senso. [...]. Al formatore, a supporto della teoria di ordine scientifico, occorrono strumenti pragmatici da collaudare e verificare nella realtà professionale quotidiana. Nascono così i modelli di riflessione strutturata che troverete nelle prossime pagine.


Ho un po' di ringraziamenti da fare ....
... Cristina Ghiringhello che ha permesso tutto questo ...
.... la professoressa Monica Fedeli, che ha gestito e curato tutta la prima parte del libro ....
... i formatori che hanno contribuito con me e Leonardo alla stesura ed alla raccolta delle schede di debriefing: Julie Dinesen, Andrea Petromilli e Gert Winters ...
...  infine un grazie a Giada, che con un lavoro "nascosto" e nell'ombra a coordinato noi tutti.

Per chi è interessato ecco codice ISBN: 9788891706751, il libro è edito da Franco Angeli.

 
 
lunedì 17 novembre 2014

The SketchNoteBook

Le Sketchnote sono state per me una scoperta importante. Negli ultimi 2 anni mi accompagnano quotidianamente in numerose situazioni:
  • prendere appunti
  • progettare una riunione o un corso
  • facilitare un incontro formativo
  • studiare
  • supportare una presentazione in pubblico
  • ....
Mi sento sempre in debito con Mike Rohde, che mi ha permesso di scoprire questa fantastica tecnica.
Dopo due anni di pratica e di sperimentazioni, ma anche di erogazione di corsi sul tema, ho pensato di condensare i principi ed i metodi per realizzare le Sketchnote in un libro. Ho creato così "SketchNoteBook", un libro che cerca di rispondere alle seguenti domande:
  • cosa sono le SketchNote ?
  • Perché usarle ?
  • Quando usarle ?
  • Come realizzarle ?
il tutto realizzato rigorosamente attraverso la tecnica delle SketchNote.
Se siete curiosi, potete scaricare una preview del primo capitolo al seguente link.  
Il libro è acquistabile in formato PDF su piattaforma Gumroad al seguente link, oppure in formato cartaceo qui o ordinabile nelle librerie con il seguente ISBN: 9788891153258.
 
The Sketchnote have been for me an important discovery. In the last two years accompanied me on a daily basis in many situations:
take notes
• planning a meeting or a course
facilitate a training meeting
study
support a public presentation
....
I always feel indebted to Mike Rohde, who allowed me to discover this fantastic technique.
After two years of practice and experimentation, but also the delivery of courses on the subject, I decided to condense the principles and methods to achieve the Sketchnote in a book. I created so "SketchNoteBook," a book that seeks to answer the following questions:
What are the SketchNote?
• Why use them?
When you use them?
How to achieve them?
all made strictly through the technique of SketchNote.
If you're curious, you can download a preview of the first chapter to the following link.
The book is available in PDF format on the platform Gumroad at the following link, or in print here in bookstores or ordered with the following ISBN: 9788891153258.
domenica 16 novembre 2014

"The SketchNoteBook" is (almost) out

Nei primi giorni del 2014, mi sono appassionato nel realizzare un manuale a supporto dei corsi di Sketchnote. Ne è uscito un libro di 62 pagine, scritto tutto con la tecnica delle Sketchnote, che vuole rispondere alle seguenti domande:
  • cosa sono le Sketchnote
  • perché usarle
  • quando usarle
  • come realizzarle.
I corsi di Sketchnote svolti nei primi 6 mesi dell'anno sono stati un'ottima occasione per "testare" e migliorare il manuale.


Created with flickr slideshow.


In questi giorni ho approfittato delle ferie estive per sistemare definitivamente il testo, e mandarlo in stampa attraverso il sito di self publishing YouCanPrint. Presto sarà disponibile in libreria sotto forma cartacea.

Per chi lo volesse in formato PDF il manuale è acquistabile sulla piattaforma Gumroad:



lunedì 1 settembre 2014

143 Visuals

Quando un paio di anni fa mi sono avvicinato al mondo delle Sketchnote non mi immaginavo che avrebbero occupato un ruolo così importante nella quotidianità. Ero incuriosito e pensavo che avrebbero potuto prendere il posto delle Mappe Mentali per organizzarmi le idee.
Oggi mi "scopro" utilizzarle praticamente ovunque per ...
- prendere appunti
- studiare
- comprendere e apprendere
- facilitare visualmente le lezioni
- facilitare le fasi di riflessione dei gruppi in formazione
- sessioni di public speaking (al posto delle slide di PowerPoint)
- realizzare progetti formativi
- progettare viaggi o escursioni
- pianificare il tempo
- pianificare giornate formative
- realizzare ToDo List
- brainstorming
 - ....

e chissà quanti altri usi senza rendermene conto.
Beh, ammetto con sincerità la grande soddisfazione nel trovarmi tra i 56 "sketchnoters" che Scott Torrance ha selezionato per il suo "143 Visuals".


Un ebook in formato PDF con una collezione di 143 "doodle" di stili diversi, realizzati appunto da 56 sketchnoters di tutto il mondo, cosnigliatissimo a chi si sta appassionando alle Sketchnote (l'ebook è scaricabile dalla piattaforma Gumroad gratuitamente per le prossime 2 settimane).

Doppio ringraziamento per Scott: oltre a includermi nel tuo testo mi ha ridato energia e carica per finire "SketchNoteBook" il mio personalissimo manuale per imparare a realizzare Sketchnote già testato negli ultimi corsi formativi.
Ancora pochi giorni e sarà online ....




martedì 19 agosto 2014

Confronto o discussione ?


Potrebbe essere interessante osservarci ed osservare gli altri durante un dialogo: c'è Confronto, Dibattito o Discussione ?
La proposta che lancio è di fare un percorso a ritroso, partire dal comportamento "dialettico" e risalire alle emozioni. Vediamo quattro tipi di frasi che potremmo pronunciare o sentire pronunciare:

- "No !" L'atteggiamento è Negativo e Distruttivo. C'è un rifiuto di ciò che l'interlocutore sta proponendo. Qual è l'emozione o lo stato d'animo che sta guidando ? Sicuramente non c'è la volontà di ascoltare un altro Punto di Vista ma piuttosto c'è la volontà di imporre il proprio. E' forse sfiducia nei confronti dell'interlocutore ? Rabbia ? Paura ? Ognuno può avere la propria risposta. L'importante è cercarla. In questo caso non parlerei di Confronto: è puro Dibattito.
- "No ma ....". Un atteggiamento un po' migliore rispetto al precedente. C'è uno spiraglio nei confronti dell'interlocutore, l'atteggiamento è Costruttivo ma ancora Negativo. Disagio ? Frustrazione ? Catalogherei questa situazione come una "discussione".
- "Si, ma ...". Il contrario del caso precedente: atteggiamento Positivo ma Distruttivo. Userei ancora l'espressione "discussione" e penso che potrebbe essere causata ancora da sensazioni quali frustrazione, disagio, fastidio.
- "Si e ....". Finalmente quello che può essere chiamato "Confronto". Sensazioni di Fiducia, Sicurezza, potrebbero darci un atteggiamento Positivo e Costruttivo.

Oltre alle sensazioni e alle emozioni potremmo ampliare lo stesso ragionamento per Pensieri Consci o Inconsci, quali pregiudizi, etichette o ricordi di esperienze passate.
Adesso non ci resta che "sperimentare" sul campo (nel senso di Kolb) ....

La Natura nella Natura

Ho da poco concluso il percorso "Winter Heat", in Lettonia. Sei giorni nella natura per ritrovare la propria natura ....


Organizzato da IALT, EZI e Insights, Winter Heat si è svolto in Lettonia, per la precisione qui.

L'evento è stato caratterizzato da un Hiking intenso e lungo .... 43 chilometri in 2 giorni tra i boschi della Lettonia. Camminare lenti, con un carico pesante sulle spalle e compagni di varie nazionalità è stata un'esperienza importante. E come tutte le esperienze, la parte riflessiva ha fatto emergere in tutti e 14 i partecipanti una riscoperta del proprio io.

Domande come "What do I really need?", o "What is Important for me?" suonano forte nella propria testa e scavano, scavano, scavano ...... aiutano a ritrovare la propria Natura .... nella Natura.

Ma ora, spazio alle foto:


Created with flickr slideshow.
domenica 23 marzo 2014

Il "mio" personale ciclo dell'apprendimento


In questi giorni ha preso il via il TeT, la scuola di formazione esperienziale nata da IALT e Fòrema. Il primo argomento "teorico" che abbiamo affrontato è stato il ciclo di Kolb, una delle teorie più diffuse per comprendere come apprendiamo (per i più curiosi sul Web si può trovare di tutto di più).
Porre l'attenzione sugli scritti di David Kolb mi ha fatto però capire che negli ultimi anni, consapevole o inconsapevole, mi sono creato una mia personale interpretazione della teoria. La espongo in questo post, senza la presunzione di credere che sia migliore: si tratta solo di una mia naturale e (ripeto) personale evoluzione.
Sono anche io convinto che l'apprendimento avvenga in 4 fasi: come Kolb (e come l'andragogia insegna) metto alla base l'Esperienza (il fare, l'azione, la pratica, ...).
 
Le altre 3 fasi sono ambito del pensiero, sono fasi riflessive.
 
Nella prima di queste tre fasi, attraverso un processo di riflessione, analizziamo i particolari dell'esperienza; ma il vero obiettivo sarà evolvere dal particolare al generale attraverso un processo riflessivo di astrazione e di generalizzazione. Già Aristotele era ricorso a questo concetto (attribuendone però la scoperta a Socrate): si tratta del processo Induttivo (inductive reasoning).
 
Nella successiva fase riflessiva, l'induzione ci porta alla elaborazione di "concetti", "regole", "modelli", "principi" che per loro natura devono essere "generali", non inerenti ad una singola realtà. Di per sè i concetti sono un'astrazione, una pura generalizzazione, ma ci guideranno poi nei comportamenti che adotteremo nelle future esperienze.
 
Nella terza fase riflessiva potremmo percorrere il processo inverso all'induzione: dal generale al particolare attraverso il processo deduttivo (deductive reasoning). E' ancora Aristotele che descrive come questa capacità riflessiva ci consenta di partire da un concetto generale per giungere a conclusioni particolari, perché siamo tornati all'Esperienza, dove i concetti potranno essere usati per decidere e guidare i nostri comportamenti pratici.
 
Alcune riflessioni e note importanti (sempre personali ed opinabili):
  • non è detto che la prima fase dell'apprendimento sia l'Esperienza. La formazione e la scuola, ad esempio, portano spesso i discenti a partire dai Concetti. Se durante un corso formativo vengono forniti teorie e metodi, il discente per apprendere dovrà dedurre comportamenti da utilizzare nell'Esperienza per poi indurre quali risultati hanno dato per certificare/modificare il concetto appreso. Insomma si parte dai Concetti, si Deduce nell'Esperienza, e di induce per tornare ai Concetti;
  • come Kolb ci suggerisce con gli Stili di Apprendimento, sono convinto che ogni essere umano, per carattere o per lavoro, sia più portato per alcune di queste 4 fasi. Ci sono i pragmatici che ameranno la fase dell'Esperienza ("Agiamo !"), gli "induttivi" che ameranno riflettere ("cosa è successo, cosa impariamo da questo ?"), i concettuali che ameranno parlare per teorie e generalismi e i deduttivi che studieranno come sperimentare i concetti nell'Esperienza.
  • solo vivendo tutte e 4 le fasi posso favorire l'Apprendimento;
  • nella formazione esperienziale penso che il ruolo del facilitatore sia garantire e facilitare che i partecipanti vivano tutte e 4 le fasi.
Forse non c'è una grande differenza dal ciclo di Kolb, o forse sì ... Sicuramente percepisco maggiore chiarezza in me stesso sul processo dell'apprendimento, e devo dire che quando mi capita di spiegarla in aula ho la netta sensazione che i partecipanti comprendano più velocemente questa interpretazione rispetto a quando spiegavo Kolb.
Vedremo se tra un po' di anni evolvo ancora ......

Ma è giusto chiamarla metodologia "esperienziale"?



Negli ultimi 4 anni ho dedicato molto tempo e molta attenzione allo studio della metodologia esperienziale. I corsi con Via Experientia, lo studio di testi importanti, gli ExperientialTraininBarCamp, il confronto nato dalla scrittura del primo e del secondo libro con tanti altri formatori e, non ultima, la nascita della scuola TeT ... mi hanno permesso di scoprire e sviluppare moltissimo il modo che oggi ho di fare formazione esperienziale.
Detta in parole più semplici, se penso ai corsi di 4 anni fa .... poche cose sono rimaste uguali. Ma tra tutti i cambiamenti uno mi colpisce più di altri, o che mi sembra essere "basilare": spostare la maggiore attenzione e focalizzazione dall'Esperienza alla Riflessione.
Anni fa, grande attenzione e gran parte del lavoro erano nella progettazione e nella realizzazione della fase esperienziale. L'attività metaforica e "pratica" primeggiava; per capirci sto parlando del rafting, dell'orienteering, del cooking, delle small techniques, .... etc etc etc insomma di tutte le "esperienze" proposte durante i corsi formativi.
Oggi, proprio grazie a quello che chiamo "sviluppo", mi scopro molto più attento alla fase Riflessiva, a quella fase che viene dopo l'Esperienza.
 
Per me oggi, l'Esperienza è veramente un mezzo, la Riflessione un Obiettivo.
 
Ecco perché mi ritrovo a pensare che lasciare la sola parola "esperienziale" a identificare questa metodologia mi sembra quasi riduttivo. Forse dovrebbe chiamarsi "metodologia esperienziale-riflessiva".
 
Oggi molta attenzione e molto studio lo rivolgo ai momenti dedicati alla riflessione. La mia esperienza mi porta a dire che tutti siamo in grado di vivere e di farci ingaggiare dalle esperienze, ma la grande differenza da un punto di vista di apprendimento la possiamo fare solo se entriamo e facilitiamo il percorso della Riflessione.
Compito di noi formatori è quindi diventare "garanti" e "facilitatori" di questo processo: garantire e preservare il tempo della riflessione, facilitare il processo di riflessione attraverso modelli e strumenti e non lasciando a questo momento poco tempo o qualche casuale domanda di approfondimento.
Come notavo poco tempo fa, è arrivato il momento di sviluppare la famosa frase di Confucio che spesso è stata utilizzata per spiegare la formazione esperienziale:

Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco.
Confucio                               
e di aggiungere:
se rifletto apprendo.
sabato 11 gennaio 2014

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