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Dinamiche di Evoluzione dei Gruppi
Il modello di Tuckman lo considero quasi un “classico”, risale al 1965 ed ha dalla usa la “semplicità” di modellizzare l’evoluzione in solo 4 fasi ( anche se poi nel 1977 ha aggiunto la 5° fase: adjourning).
Lencioni nel suo testo “La guerra nel Team” descrive 5 disfunzioni insite nei team. Personalmente lo reputo interessante perché mette al centro dell’evoluzione del gruppo aspetti “comportamentali” umani.
Infine il TPM di Drexler & Sibbet: è un modello preciso, ma forse troppo dettagliato per essere ricordato con facilità senza avere sottomano lo schema grafico.
Sicuramente questi modelli mi hanno influenzato nell’elaborare un mio personale modello: in questo senso non penso di essermi inventato nulla di nuovo, ma solo assemblato e riordinato una serie di modelli e concetti che mi guidano oggi nell’osservazione dei gruppi.
Ho osservato che un gruppo di per sé non parte in nessuna dinamica se non viene “ingaggiato” attraverso un [Obiettivo] o gli viene affidato un [Compito]. Questo evento è fondamentale e scatena le fasi successive del gruppo. La presenza di fiducia (o di sfiducia) aumenta la probabilità che la dinamica prenda due “strade” diverse ed opposte: una ascendente (verso buone performance) una discendente (verso scarsi risultati). Queste “strade” sono caratterizzate dalla successione di cicli di [Storming] e [Working].
il compito o l’obiettivo porta il gruppo in [Storming]. Si tratta di una “tempesta” di idee, punti di vista, esperienze passate, opinioni, obiettivi personali. Se nelle relazioni prevale la fiducia con grande probabilità nello storming prevarrà il confronto (Lencioni parla di Conflitto Costruttivo). Altre variabili fondamentali per innescare una dinamica ascendente saranno il Focus verso l’obiettivo del team (e non verso obiettivi personali), la capacità di definire un Piano D’Azione (cosa fare, chi lo fa e quando) ed il fatto che le persone della squadra provino una sensazione di “ingaggio” verso l’obiettivo. Se sono presenti e prevalgono queste variabili con buona probabilità il gruppo passerà al lavoro [Working] ed otterrà dei risultati, magari non eccezionali ma pur sempre dei risultati. In questa fase di lavoro ci sono tre variabili indispensabili: impegno delle persone verso il compito, assunzione di responsabilità personale verso il proprio ruolo.
La fine di questa prima fase di lavoro [Working] è un momento delicato in cui si gioca la possibilità che il gruppo rimanga in una dinamica ascendente. I primi risultati sono oggetto di discussione: il gruppo ritorna in [Storming]. La presenza di un Leader è fondamentale, perché dovrà garantire che lo [Storming] non sia “casuale” o “nascosto” tra le persone, ma strutturato e alla luce del sole. La struttura sarà data dall’applicazione del ciclo di Deming (https://en.wikipedia.org/wiki/PDCA) in quanto il gruppo deve prendere una dinamica di miglioramento continuo: si parte da una fase di analisi del lavoro precedente svolto (Check) e dei risultati raggiungi. Fondamentale in questo momento che l’errore sia utilizzato del gruppo come una fonte di miglioramento (e non come una fonte di conflitto come avverrà nella fase discendente). Dalla fase di analisi il gruppo dovrà individuare degli apprendimenti e delle azioni di miglioramento (Act) per poi pianificare la fase di lavoro successiva (Plan). Sarà fondamentale introdurre una cultura di “Feedback” all’interno del gruppo, per scalzare la naturale tendenza al giudizio e alla colpa. Se il gruppo persegue in questa sequenza di [Storming] strutturati rivolti al miglioramento e di successivi [Working] la dinamica sarà ascendente ed il gruppo raggiungerà con grande probabilità risultati eccellenti, processi fluidi ed il clima relazionale tra le persone sarà positivo.
La mia personale (e quindi limitata) esperienza mi ha portato ad osservare che la dinamica vista qui sopra sia poco probabile in un gruppo in forma “naturale”. La mia impressione è che i gruppi non riescano ad innescare questa dinamica se non siano presenti delle culture e delle competenze all’interno del gruppo. Il ruolo della leadership è fondamentale: un leader che ha chiaro questa dinamica e che facilita la sua applicazione nel gruppo aumenterà notevolmente le probabilità che il gruppo imbocchi la fase ascendente.
Se dopo l’arrivo del compito e/o obiettivo il gruppo entra un uno [Storming] caratterizzato dalla Sfiducia reciproca, la probabilità che il gruppo entri un conflitto di idee, punti di vista ed opinioni diverse è elevata. Ma (sempre per mia limitata esperienza) le persone hanno inizialmente paura del conflitto, e questo porta il gruppo ad entrare in una sorta di Armonia Artificiale. Lusinghe ed accettazione prevalgono, il gruppo sembra affiatato e coeso, ma in realtà le persone accettano e subiscono pur di non confliggere in nome del quieto vivere. Una caratteristica sempre molto evidente in questa fase è l’ironia: il gruppo scherza ed è forzatamente “simpatico”: in sostanza sta sminuendo il compito e cerca di tenere un clima positivo per non creare e provare sensazioni spiacevoli. In questa dinamica il Focus è lontano dall’obiettivo del team ed è prevalentemente centrato sull’Ego. Normalmente questo accade anche perché il gruppo è disinteressato all’obiettivo, le persone non sono coinvolte.
Uno [Storming] di questo tipo porta il gruppo ad un [Working] con basso impegno e conseguenti bassi risultati. Frequente in questa fase osservare che le persone non si assumano la responsabilità del proprio ruolo e dei risultati che portano: Prevale la frase “non è colpa mia”. La presenza di Locus Of Control esterno (vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Locus_of_control) aumenta la probabilità di questa dinamica. IN questa situazione i risultati solitamente non sono qualitativi o soddisfacenti. Se questa tipologia di cicli si ripete più volte con buona probabilità gli [Storming] diventeranno di due tipi: assenti o lunghi conflittuali ed inefficaci. Saranno assenti se le persone del gruppo non riescono a gestire il conflitto aperto, in realtà gli [Storming] saranno nascosti nei corridoi o alle macchinette del caffè e vissuti da sottogruppi che creano alleanze nascoste. Se pubblici probabilmente saranno conflittuali o completamente silenti, perché il gruppo non sa gestire il conflitto. Il Focus è totalmente rivolto allo Status e all’Ego, l’errore è vissuto come una fonte di conflitto, prevale la scusa, lo scarico di responsabilità e l’assegnazione di colpe all’esterno.
Se la dinamica procede in questo modo le fasi di [Working] saranno sicuramente caratterizzati da basso impegno, processi inefficaci e porteranno quindi a risultati insoddisfacenti. Un termometro di questa situazione è sicuramente il Clima relazionale che risulterà molto basso.
Come già scritto sopra personalmente non ho mai osservato gruppi che riescano a perseguire una fase ascendente senza la presenza di Competenze specifiche. Condivido il pensiero di Lencioni quando parla di “disfunzioni” insite all’interno dei gruppi di lavoro: sembrerebbe che in modo naturale non siamo capaci di lavorare in squadra ma lo diventiamo solo se sappiamo apprendere delle competenze specifiche. Tra queste sicuramente evidenzierei:
- FeedBack
- Ascolto
- Negoziazione & Gestione Conflitti
- Project Management
IALT9
Dal 2010 gli IALT scandiscono i miei periodi lavorativi come delle pietre miliari. Ogni volta torno a casa che ho imparato qualche cosa. Allo IALT9 devo ringraziare Sandro Cacciatori, che utilizza la metodologia esperienziale nel sociale.
Partendo dalla teoria di John Adair sulla Leadership, Sandro mi ha illuminato su un particolare del TeamWork.
Se per qualche motivo la squadra si muove senza un obiettivo SMART (il cerchio TASK del diagramma di Adair), il leader dovrà favorire (o forse sarebbe meglio dire “garantire”) che le persone (INDIVIDUAL) all’interno del TEAM si diano costanti feedback sul loro stato emotivo, soprattutto se le emozioni sono negative (frustrazione, confusione, delusione, ….), pena l’inevitabile scontro all’interno del team.
C’è da lavorarci …… nel frattempo, tornando a IALT, spazio alle immagini per riflettere sull’esperienza vissuta.
Teaser
Questo Post è tratto da “Resilienza Lab”, il blog a supporto del progetto formativo sullo sviluppo della Resilienza presso ClimaVeneta spa
Sono molti i temi che questo percorso formativo sta portando a galla. Sto pensando alla capacità di fare proprio un Obiettivo che mi viene imposto, alla volontà di sfidarsi per crescere, all’incapacità di uscire dalla propria Zona di Comfort, alla motivazione che ci spinge a riconoscere un momento di disagio come un’opportunità di crescita.
Mi suonano ancora nella testa molte delle domande che il gruppo si è fatto dopo l’uscita sul Grappa …
- Ci sono delle cose che avete pensato e che non avete avuto voglia, motivazione o coraggio di dire ?
- Cosa direte a chi non è venuto ?
- Come pensiamo di coinvolgere anche gli altri ?
- Qualcuno se la sente di fare il Leader ?
- C’è veramente bisogno di un Leader per trasformare un gruppo in un team ?
- Ma veramente come singoli ci daremo da fare per organizzare l’uscita di luglio ?
- Cosa ci portiamo in ambito lavorativo della giornata di oggi ?
- Siamo in grado di riconoscere il disagio e di apprezzare l’opportunità di allenare la propria resilienza ?
E più ci rifletto e più imparo cose nuove. Per chi ne ha voglia, si può crescere.
Siamo partiti ….
Camminarsi
Secondo il pensiero di Thoreau il vero significato di “camminare” è sapersi staccarsi completamente dai propri banali pensieri quotidiani, arrivare a guardarsi dentro di sé, a cancellare tutti i nostri pensieri, in modo da entrare in sintonia con le piante, gli animali, le pietre attorno a noi.
“Il camminatore è colui che riesce a realizzare un legame simbiotico con la natura tutta nel suo essere incontaminata e selvaggia", e che sia quindi in grado di camminarsi dentro …..
IALT camminarsi – 12 e 13 marzo 2013 – Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi
Il Leader e le Fasi di Sviluppo di un Team
Durante i progetti formativi di Team Building svolti in modalità Esperienziale, capita spesso di osservare un Gruppo di persone ingaggiato nella risoluzione di problemi o nell’esecuzione di un esercizio strutturato. La situazione di partenza è destrutturata:
- le persone non rivestono i loro Ruoli abituali aziendali, si riparte da zero;
- l’esercizio è sconosciuto e nessuno sa come va affrontato;
- le persone sono chiamate ad uscire dalla loro Zona Comfort.
Nella maggior parte dei casi il gruppo non riesce a coordinarsi, tutti parlano, nessuno ascolta veramente, Inizia una strana lotta per il potere: tutti vogliono “dire la propria opinione”, ma nessuno prende le redini del gruppo, se qualcuno ci prova, gli altri lo frenano.
Ho pensato che per ottenere una chiave di lettura potremmo “unire” due teorie legate alla “squadra”: le Fasi di Sviluppo del Gruppo di Bruce Tuckman e la Leaderhip Situazionale di di Kenneth Blanchard e Paul Hersey. Nella prima Tuckman ipotizza che nel percorso per diventare squadra, il gruppo debba passare 4 fasi successive (Forming, Storming, Norming, Performing); nella seconda teoria Blanchard e Hersey ipotizzano che un Leader debba assumere comportamenti diversi in funzione del contesto e della situazione. Lasciando le spiegazioni dettagliate delle due teorie alle esaurienti pagine di 12Manage, ecco la mia proposta riassunta nella seguente tabella:
Fasi del Gruppo | Stile del Leadership | ||
I membri si incontrano per la prima volta o avvengono cambiamenti significativi dei ruoli all’interno del team o nell’ambiente di lavoro. In questa fase le persone si comportano abbastanza indipendentemente. Possono essere motivate ma di solito non sono informate sulle questioni e sugli obiettivi del team. Alcuni membri del team possono mostrare segni di incertezza, ansia, e competizione. | I leader devono controllare molto attentamente i membri della squadra, che hanno bisogno di direzione e controllo. Il Leader. deve riunire il team instaurando un ambiente di fiducia reciproca, e proporre un BrainStorming per l’analisi di Obiettivi, Ruoli (Chi fa Cosa) e Metodo di Lavoro (Come, Quando, Dove e Perché). | ||
I membri del team si rendono conto delle difficoltà dell’azione in team. Le persone cominciano a confrontarsi, ad esprimere i diversi punti di vista e le preferenze, mostrando le loro personalità. In questa fase, la mancanza di un Leader determina confusione, frustrazione e tensione. Il gruppo rischia di bloccarsi e di non evolvere verso la fase successiva. | In questa fase di transizione turbolenta il Leader modera il BrainStorming usando uno stile di Coaching. La tolleranza di ogni membro del team e delle loro differenze devono essere enfatizzate. Forte uso delle domande aperte per condurre il Gruppo alla definizione degli Obiettivi, Ruoli e Metodo di Lavoro. | ||
Questa fase comincia quando il team supera i contrasti ed inizia ad operare congiuntamente. Le persone adattano i loro comportamenti e sviluppano accordi per rendere il lavoro di squadra più naturale e più fluido. Sforzo cosciente per risolvere i problemi e raggiungere l'armonia nel gruppo. I livelli di motivazione aumentano. I membri del team condividono il senso di appartenenza al gruppo. In questa fase le persone vogliono condividere le idee, ricevere e fornire feedback. | Il leader facilita e partecipa alle decisioni, ma inizia a lasciare il controllo ai collaboratori. Il supporto rimane necessario per sostenere la sicurezza e la motivazione della squadra. Il Leader inizia ad orientarsi meno sui compiti, e più alle Relazioni ed alle dinamiche Comportamentali in generale. | ||
I membri del Team sono competenti, autonomi e in grado di gestire il processo decisionale senza controllo. Il gruppo collabora e raggiunge gli Obiettivi. I membri si prestano ad aiutarsi reciprocamente. In questa fase le persone vogliono avere successo con il team. | I leader sono coinvolti nelle decisioni e nella risoluzione dei problemi, ma il controllo è nelle mani dei collaboratori.Una volta dato l’Obiettivo i membri sono in grado di operare da soli con poco controllo e poco supporto dimostrando maturità ed impegno. Il Leader supervisiona, gestisce le dinamiche comportamentali ed è pronto ad entrare in gioco se la squadra si bloccasse o avesse problemi inaspettati. |
La formula del Team
L’anno volge al termine, riguardo indietro e i ricordi migliori sono per i progetti formativi Outdoor di TeamWork (mi basta pensare a IALT1, 2 e 3 …). Da un punto di vista di contenuto sono molto soddisfatto di aver analizzato, ma soprattutto sintetizzato i contenuti sul Team Building e sul TeamWork nella “Formula del Team” (Licenza Creative Commons).
Formula del Team by Luigi Mengato is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Condividi allo stesso modo 3.0 Unported License.
Perché un gruppo di persone evolva in un Team è necessario che condivida / decida / possegga le seguenti “variabili”:
- O = Obiettivi che devono essere necessariamente S.M.A.R.T. Anche se oramai ultra-conosciuti, ricordo che S=Specifici, M=Misurabili, A=ambiziosi, R=Raggiungibili, T=Tempificati;
- R = Ruoli: l’insieme di aspettative condivise sul modo e sulle azioni che una persona del Team deve svolgere per il raggiungimento degli Obiettivi;
- M = Metodo di lavoro: detta semplicemente “chi fa che cosa, quando, come e perchè”;
- L = Leadership;
- C = Clima:l’insieme delle variabili relazionali quali conoscenza, fiducia, feedback, ….
L’efficacia della formula sta nell’estrema sintesi ed analisi e nel fatto di diventare quindi un “modello” (la cui efficacia è già stata discussa) da poter presentare ai corsi. Ognuna delle variabili permette poi un approfondimento tematico.
Qualche osservazione interessante nata durante i debriefing dei corsi:
- se manca anche una sola delle variabili il Gruppo non riesce a lavorare come un Team;
- la Leadership è sempre necessaria: definita in fase di progettazione o emersa durante l’azione se viene a mancare il Team non ha buone performance;
- il Clima è all’esponenziale per due motivi: se è positivo e incrementa il Team lavora sempre meglio; se è negativo le Performance sono < 1;
- perché un Obiettivo possa definirsi tale, deve possedere tutte le caratteristiche S.M.A.R.T., altrimenti non è un obiettivo ….
Outdoor: un’aula senza confini
Sarà stato che venerdì era una splendida giornata di sole, sarà stato che l’Abbazia di Praglia era incorniciata dagli accesi colori autunnali, ma a stare chiusi in aula non si riusciva proprio. Giusto il tempo per chiarire le caratteristiche della modalità esperienziale e poi fuori in giardino dell’Abbazia ad sperimentare Leadership, Comunicazione e Collaborazione attraverso l’esercizio del “fiume acido”.
Con Massimo, Sergio e Leonardo (e me), come facilitatori, i gruppi hanno comunicato e collaborato, ma soprattutto hanno riflettuto sulle Competenze necessarie per ottenere TeamWork. Il “fiume acido” è una della numerose “Small Tecniques” che possono essere proposte durante un percorso esperienziale. E’ un esercizio interessante perché necessita di alta interdipendenza (la performance del gruppo dipende dalle singole performance individuali), alta importanza del singolo (un individuo con la giusta idea poteva risolvere la situazione), alto livello auto-organizzativo (perché un Leader in queste condizioni fatica ad emergere).
Fondamentale poi il momento di riflessione dei gruppi e di condivisione, per chiudere il ciclo di Kolb e per dedicarsi all’ascolto di due Case History aziendali che hanno utilizzato la formazione esperienziale per lo sviluppo delle loro Risorse Umane: la Elco-Ecoflam e la Team.Ind Solutions.
Un ringraziamento a tutto lo staff Fòrema per l’ottima organizzazione, e per i più curiosi ecco le slide viste assieme:
IALT3
I sentimenti più profondi, le passioni e i desideri più intensi sono guide importantissime per
l’uomo, il quale deve ad essi gran parte della sua esistenza.
Nei momenti più critici della vita – affermano i sociobiologi – c’è una prevalenza del cuore
sulla mente.
Nonostante i vincoli sociali, spesso le passioni sopraffanno la ragione.
Tutte le emozioni sono impulsi ad agire.
A tutti gli effetti abbiamo due menti: una che pensa, l’altra che sente.
Il cervello umano si è evoluto raggiungendo un assetto in cui ad ogni porzione corrisponde
una particolare abilità.
Daniel Goleman
Esperienziale: Scoperta della Diversità.
Uno scambio di mail con Leonardo per la progettazione dello lo IALT3, e due chiacchere serali davanti ad una birra con Stefano, mi fanno venire in mente quando, partecipando allo IALT1 ho capito l'importanza, nella formazione esperienziale della Scoperta e della Diversità.
La quotidianità getta uno strato di apatia sui nostri sensi e, come diceva Aldous Huxley, arriviamo al punto che "l'abitudine genera l'indifferenza". Compito della formazione quindi risvegliare percezione e sensi sopiti attraverso la Scoperta, in modo da uscire dall’attività formativa e rientrare in una quotidianità diversa rispetto a quella da cui ero partito.
Compito della formazione valorizzare la Diversità delle persone, dei luoghi, delle esperienze come mezzo di Scoperta.
Allo IALT2 tutto questo è avvenuto, ed il risultato si è visto.
L'8, il 9 e il 10 ottobre si stanno avvicinando.
Team & Torre
Il migliore esercizio esperienziale indoor che sto utilizzando negli ultimi mesi. Dalla teoria …
… alla pratica:
La Torre di MarshMallow.
Un telefono senza fili Outdoor
Chi può dire di non aver mai giocato al “telefono senza fili” quando era un po’ più piccolo ? Come al solito il gioco per i bambini non è altro che un ottimo metodo per imparare ed allenare delle capacità e delle competenze che ci serviranno quando saremo adulti.
In un Team di lavoro la capacità di “passare le informazioni” può fare la differenza, lo sappiamo tutti. Probabilmente non è una capacità difficile, ma diventa rara quando il lavoro si fa “stressante”, quando le persone iniziano ad essere fuori dalla loro Zona di Confort. Attraverso la formazione Outdoor, una buona metafora per analizzare ed allenare questa capacità è sicuramente il Canyoning.
Il Canyoning è uno sport di squadra: le persone devono scendere un Canyon superando delle difficoltà uno alla volta e sapendo passare informazioni ed aiuto a chi gli sta davanti e a chi gli sta dietro. Una sorta di “telefono senza fili” in modalità Outdoor, appunto.
Durante il briefing tutto sembra molto logico e naturale, tutti sono d’accordo nel voler comunicare in modo efficace. Durante l’attività si può notare invece che l’intelligenza emotiva gioca un ruolo predominante, facendo dimenticare praticamente a tutti il metodo di lavoro che si era condiviso inizialmente. Così, davanti a passaggi difficili, fuori Zona Confort, ognuno pensa per sé, osservando (ma non comunicando) con chi gli sta davanti e dimenticandosi totalmente di chi gli sta dietro.
Importante poi, in fase di debriefing in aula, far emergere queste considerazioni ai partecipanti, in modo che la consapevolezza possa essere uno strumento di cambiamento individuale.
Alla ricerca delle Competenze Trasversali
La ricerca come metafora. Una caldissima Venezia è stata cornice di una splendida caccia al Ruyi. Non tutti i partecipanti lo hanno trovato, ma la ricerca è stata proficua perché per le calli ed i ponti abbiamo incontrato la capacità di risolvere problemi, l’apprendimento rapido, la capacità di lavorare in Team ed anche la Leadership … che nel bene o nel male ci accompagna sempre.
L’album fotografico dello IALT
Quest’anno ho decisamente abbandonato la telecamera per riscoprire il particolare della foto …