giovedì 19 novembre 2009

Scrive il sociologo DOMENICO LIPARI:
[…] la «comunità di pratica» può essere interpretata come un’aggregazione informale di attori che, nell’organizzazione, si costituiscono spontaneamente attorno a pratiche di lavoro comuni nel cui ambito sviluppano solidarietà organizzativa sui problemi, condividendo scopi, saperi pratici e linguaggi e generando, per questa via, forme di “strutturazione” dotate di tratti culturali peculiari e distintivi. Si tratta di gruppi che:

  1. nascono attorno ad interessi condivisi (in genere problemi comuni da gestire e risolvere in condizioni di interdipendenza cooperativa);
  2. si alimentano di contributi e di impegni reciproci;
  3. durano fino a quando persistono gli interessi comuni e fino a quando l’energia che alimenta l’insieme riesce a riprodursi con regolarità;
  4. sono tenute in vita da un presupposto di fondo: la relativa libertà da vincoli organizzativi di tipo gerarchico.
[….]
Quali sono allora gli elementi essenziali di una comunità di pratica?

Grazie a Riccardo Geminiani per la segnalazione.

  1. condivisione dell’esperienza (un compito complesso e le sue diffi coltà);
  2. prossimità comunicativa (che rende possibili relazioni sociali e scambi di esperienze);
  3. spontaneità ed informalità delle relazioni (esse si sviluppano negli interstizi della vita organizzativa a prescindere dalle regole formali dell’organizzazione);
  4. cooperazione (adattamento reciproco e sostegno reciproco davanti ai problemi da risolvere);
  5. improvvisazione (davanti al problema che non si riesce a risolvere si procede per prova ed errore inventando alla fine la soluzione);
  6. narrazione (il racconto di un’esperienza di successo non solo, attraverso l’ordine logico della sua ricostruzione, trova una formalizzazione ed una cristallizzazione utile per il futuro, ma riesce anche ad essere comprensibile agli altri colleghi. Diventa parte integrante della memoria collettiva del gruppo);
  7. identità (nella misura in cui l’insieme si riconosce nel gruppo e vive come proprio il patrimonio delle conoscenze generate da tutti, il senso di appartenenza si rafforza, si infittisce la “produzione” di culture e linguaggi di gruppo).

2 Responses so far.

  1. Nello sviluppo del software oggi si fa molto parlare di metodologia Agile. Se andiamo a vedere l'Agile Manifesto (www.agilemanifesto.org) possiamo leggere come di base si cerchi proprio di creare una Comunità di Pratica ma non si tratta di una comunità spontanea: si devono individuare risorse predisposte a lavorare in un certo modo. E' sicuramente preferibile trovare questa predisposizione piuttosto che l'eccelleza tecnica, che diventa obiettivo di tutto il gruppo attraverso tecniche di lavoro come il pair-programming, quando a rotazione ci si mette in due a lavorare davati ad una tastiera, un mouse ed un monitor. Dimenticavo: la metodologia Agile è utilizzabile anche in altri settori oltre che alla produzione di software.

  2. Ciao Grifo, interessante il tuo Post. Per caso la metodologia Agile di cui parli è questa: http://it.wikipedia.org/wiki/Metodologia_agile ?

    Sono incuriosito dal pair-proramming: come funziona e che obiettivi ha ?

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