venerdì 30 dicembre 2016


Alla fine del TeT di quest’anno alcune persone mi hanno chiesto un modello schematico per la gestione dei momenti di Riflessione. “Qualcosa tipo il PAABOMR ….. “. La richiesta mi ha stuzzicato e mi sono messo al lavoro. Mentre ragionavo e prendevo appunti mi sono reso conto però di quanto fosse difficile separare i processi di riflessione dall’intero processo esperienziale. Così alla fine ne è uscito uno schema che abbraccia tutto il processo esperienziale. Per chi fosse interessato il modello è in formato A3 e scaricabile a questo link.

Per chi è curioso riporto qui sotto alcune spiegazioni sintetiche: non vorrei dilungarmi troppo, rischiando di realizzare un Post troppo didattico, lungo e di difficile lettura.

Sotto allo schema sono riportati 3 riquadri che servono come guida alla matrice centrale. Al centro il ciclo dell’apprendimento esperienziale in forma visuale.

Il riquadro a sinistra riporta il modello delle 3P: Processo, Prodotto, Persone. Se pensate al triangolo come ad un iceberg, normalmente ciò che è facilmente visibile è solo la punta, ossia il Prodotto. I gruppi di solito si concentrano e discutono di “ciò che realizzano”, di “cosa” fanno. Del Prodotto, appunto. Non è facile iniziare a vedere “sott’acqua” per accorgersi che oltre a ciò che facciamo c’è anche il “come” lo facciamo. Siamo nel piano del Processo, che può essere inteso sia come processo con cui realizziamo il Prodotto, sia il processo con cui ci relazioniamo con gli altri. In questo caso di parla di Processi di Persone e riguardano i comportamenti, le dinamiche dei gruppi, le emozioni, i feedback, …. Questo modello può essere utilizzato in tre modi dal facilitatore esperienziale:
1. Quando osserva i gruppi nelle esperienze per osservare sia il Prodotto del gruppo, sia i Processi, sia le Persone
2. Durante la riflessione come “termometro” per capire a che livello di riflessione è il gruppo: superficiale (parla solo del Prodotto), sa andare in profondità (Processo) o addirittura parla e lavora a livello di Persone ?
3. Come guida: è compito del facilitatore portare (con tempi adeguati) il gruppo a parlare di “Persone”.

Il riquadro a sinistra serve per capire il grado di “maturità” di un gruppo e conseguentemente il livello di “energia” che il facilitatore deve mettere durante la conduzione. Per determinare il grado di “maturità” possiamo usare due variabili: la “motivazione” (o l’ingaggio) del gruppo e il livello di Competenze del gruppo (comportamentali). Si formano 4 quadranti: in basso a sinistra il gruppo è demotivato e non competente … di solito ci vuole alta energia e lo stile diventa direttivo. In alto a destra il gruppo è motivato e competenze … probabilmente ci vuole bassa energia e lo stile diventa di pura facilitazione.

Passiamo allo schema centrale: si tratta di una matrice che incrocia le fase del processo esperienziale (Esperienza, Induzione, Concettualizzazione, Deduzione), con 4 variabili:
1. L’OBIETTIVO che il facilitatore deve sempre tenere presente e a cui deve tendere quando conduce le varie fasi;
2. Il FOCUS dell’attenzione, che nelle varie fasi si sposta dall’analisi del passato (induzione) al futuro (deduzione), passando per l’astratto (concettualizzazione);
3. Il tipo di ATTIVITA’ da proporre nelle varie fasi, che dipenderà notevolmente dal grado di “maturità” del gruppo;
4. Lo STILE DI CONDUZIONE del facilitatore che, come per il punto sopra, dipenderà notevolmente dal grado di maturità del gruppo.

Ultima osservazione: lo schema rappresenta 1 solo ciclo esperienziale. Normalmente, durante dei percorsi formativi esperienziali, il ciclo viene ripetuto numerose volte. L’obiettivo del facilitatore sarà fare in modo che il gruppo cresca in motivazione e competenze: se tutto funziona correttamente l’energia dovrebbe sempre calare e il facilitatore dovrebbe “diventare inutile”. In questo processo naturalmente non tutto dipende dall’attività formativa: questo non è un problema, ma una realtà su cui lavorar

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