Archive for 2013
E’ colpa del tempo …
Qualche giorno fa ero in aula per un corso di gestione del tempo. Per aprire ho chiesto ai partecipanti “quali problemi avete con il tempo ?”. Ecco le risposte emerse dall’aula:
- “E’ troppo poco”
- “Manca sempre”
- “Tante volte non basta”
- “Per mancanza del tempo c’è il rischio di prestare minore attenzione alle cose importanti”
- “E’ sempre troppo poco rispetto alle cose da fare”
- “Ci sono giorni in cui non si riesce a fare tutto quello che vorrei”
- “Dobbiamo gestire il tempo perchè o manca o è troppo”
- “Quando serve non c’è. Quando si vuole che passi in fretta è eterno”
- “A volte è troppo poco per le tante cose che si devono fare”
Dopo aver raccolto le risposte in fogli, ed averli appesi sul muro ho scritto questa frase di Stephen Covey sulla lavagna:
… il termine “gestione del tempo” è in realtà fuorviante: il problema non consiste nel gestire il tempo, ma nel gestire noi stessi.
Stephen R. Covey: “Le 7 regole per avere successo” ed. FrancoAngeli
Abbiamo discusso a lungo sul significato di questa frase, con riflessioni profonde ed importanti. Abbiamo ripreso le frasi scritte ad inizio corso e ci siamo dati l’obiettivo di riscriverle seguendo i concetti emersi:
“E’ troppo poco” | “Il tempo è una risorsa democratica: nè troppo poco nè tanto. Dipende da me come lo uso.” |
“Manca sempre” | “il tempo è una risorsa scarsa: devo saperlo gestire con attenzione” |
“Tante volte non basta” | “Devo decidere come assegnarlo alle cose da fare” |
“Per mancanza del tempo c’è il rischio di prestare minore attenzione alle cose importanti” | “Devo decidere cosa è importante e cosa non è importante” |
“E’ sempre troppo poco rispetto alle cose da fare” | “non posso fare tutto, devo decidere cosa è importante, evitare di fare cose non importanti e dare delle priorità” |
“Ci sono giorni in cui non si riesce a fare tutto quello che vorrei” | “Devo decidere cosa voglio fare” |
“Dobbiamo gestire il tempo perchè o manca o è troppo” | “Devo gestire me stesso nel tempo” |
“Quando serve non c’è. Quando si vuole che passi in fretta è eterno” | “Il tempo non è ne tanto ne poco, la mia percezione dipende dallo stato emotivo” |
Interessante …….
Chi ha inventato le SketchNote ?
Mi sono spesso chiesto chi ha inventato le SketchNote. Non ci sono dubbi: è stato sicuramente Leonardo da Vinci ….
Le prove sono evidenti non solo da come prendeva appunti ….
…. ma soprattutto dai 7 principi di cui era fautore, e che risultano fondamentali anche per realizzare le SketchNote:
- curiosità: insaziabile sete di sapere e di miglioramento continuo;
- dimostrazione: imparare dall’esperienza (e questo è alla base del metodo esperienziale);
- sensazione: utilizzare i propri sensi, ascoltare le proprie emozioni;
- sfumato: saper utilizzare l’ambiguità, il paradosso e l’incertezza
- arte & scienza: trovare l’equilibrio tra l’emisfero destro (creatività, immaginazione) che l’emisfero sinistro (razionalità, logica) della mente;
- corporalità: coltivare un equilibrio tra mente e corpo
- connessione: la capacità di pensare in ottica sistemica, connettere le cose.
Le variabili che influenzano un percorso formativo
Come è andato il corso ? Quali obiettivi ha raggiunto ? E’ servito a qualche cosa ? Le persone sono cambiate ?
Non sto riflettendo sul ROI della formazione, tema complesso e forse irrisolto, ma penso a quali variabili possono influenzare il risultato di un percorso formativo. Spesso si pensa che la qualità del corso dipenda dal formatore, o dall’aula ….. a me piace “vederla” (con una sketchnote) così:
Dal mio punto di vista esistono due grandi famiglie di variabili: interne ed esterne. Le variabili “interne” dipendono dal discente, nello specifico dalle sue
- Competenze: intese come “conoscenze in azione”. Con competenze intendo sia quelle tecniche che quelle trasversali.
- Motivazione: intesa sia come motivazione nei confronti del corso formativo, sia come motivazione al cambiamento, sia come livello motivazionale del discente all’interno dell’organizzazione.
Le variabili esterne dipendono invece dal “Sistema” in cui il discente vive:
- Cultura: qual è la cultura presente nell’organizzazione in cui la persona lavora ? Quanto la cultura presente è lontana dalla cultura proposta dal percorso e dal formatore ? (tanto per capirci: se nella mia organizzazione la Puntualità non fa parte della cultura, perché dovrei ascoltare un formatore di Time Management che mi propone di essere puntuale ?)
- Strategie: la strategia dell’organizzazione è allineata con il percorso formativo ? Se la strategia non è allineata, quale sarà la percezione e la reazione dei partecipanti alle proposte formative ? (ad esempio: se la reale strategia aziendale prevede il comando in mano a pochi “capi”, come può essere recepito un corso sulla leadership ?)
- Processi: i processi organizzativi presenti, sono consoni rispetto ai messaggi formativi ? Il ruolo del discente nel processo, trova corrispondenza con i messaggi formativi ? (ad esempio: se durante un corso di time management si propone alle persone di perseguire la Posta in arrivo vuota, tale procedura è in linea con i processi ICT interni ?)
Penso che, durante il percorso, il formatore avrà sicuramente occasione di lavorare su Competenze e Motivazione del discente, ma è anche suo compito, in fase di progettazione, comprendere e definire assieme alla committenza la situazione in termini di variabili esterne (Cultura, Strategie e Processi). Il rischio altrimenti è il fallimento del percorso stesso.
Leadership & Facilitazione Visuale
In questi giorni di agosto sto studiando “Agile Retrospectives” di Ester Derby e Diana Larsen. Il testo nasce negli ambienti SCRUM, un processo utilizzato dai primi anni 1990 per gestire lo sviluppo di prodotti complessi (soprattutto software). Uno dei momenti fondamentali di questo processo è rappresentato dagli incontri di miglioramento, chiamati “retrospezioni”. Sto studiando questo libro perché esiste a mio parere una stupefacente similitudine tra una riunione di retrospezione dello scrum ed un debriefing di formazione esperienziale. Il ruolo del facilitatore, soprattutto, è molto vicino nei due processi e richiede skill ed attitudini del tutto similari. Una delle capacità fondamentali richieste è quella di saper facilitare visualmente gli incontri. Questo (oltre ad incoraggiarmi ancora di più ad approfondire lo studio delle SketchNote), mi ha portato a fare qualche ricerca in internet; tra le varie scoperte un interessante PDF che riassume un libro di David Sibbet sulle capacità richieste ad un Leader di facilitare il lavoro del team attraverso il visuale. Conoscevo David Sibbet per la teoria di evoluzione dei gruppi TPM (Team Performance Model), ma non per il suo lavoro sul Visuale.
Lascio la lettura del PDF a chi ne fosse interessato, ma riassumo in estrema sintesi i 7 strumenti visuali fondamentali che un Leader dovrebbe possedere:
- Metafore e modelli visuali per aiutare le persone a comprendere come funzionano le cose nella propria organizzazione;
- Riunioni con grande uso della visualizzazione per ispirare, coinvolgere, sostenere il pensiero, supportare promulgazione;
- Template grafici visuali per ogni tipo di pianificazione;
- Matrici per decidere: per migliorare il processo decisionale del team è necessario che tutti abbiano una chiara comprensione visiva delle alternative possibili;
- Gestione dei Progetti con strumenti grafici semplici, che diano l’idea di un percorso con le giuste tappe (milestone);
- StoryMaps grafici: grandi manifesti che integrano la storia, le visioni, le sfide, i valori, i comportamenti critici, e altre idee chiave;
- Video e strumenti grafici “virtuali”. Secondo Sibbet un leader deve saper usare questi strumenti in modo efficace ed efficiente.
Che dire … non rimane che comprare il libro, anche se sono molto indeciso tra Visual Leaders, Visual Meetings e Visual Teams ….
SketchNote vs. Powerpoint
Studiare con le SketchNote
Un veloce esempio di SketchNote usate per studiare: qui sopra ho appena finito il capitolo 1 di “Agile Retrospectives: Making Good Teams Great”. Sulla pagina bianca tra il primo ed il secondo capitolo sintetizzo i punti principali su una SketchNote.
Alcuni aspetti da sottolineare:
- sintetizzare vuol dire tenere i concetti fondamentali e più importanti, non traccio esempi o frasi ridondanti usate per spiegare i concetti;
- obbligatoriamente tutto deve stare su una pagina unica (questo limite stimola la sintesi e l’analisi);
- uso un Pattern tipo “Path” …. direi che una forma a “percorso” ben si presta per questo capitolo che esprime concetti sequenziali;
- i cache principali (raffigurati con dei cartelli) rappresentano i titoli dei paragrafi, in questo caso sono perfetti ….
Farò così alla fine di ogni capitolo … e poi, una volta finito il libro, realizzo un’unica SketchNote finale, che dovrà risultare la sintesi delle SketchNote di ogni capitolo. Uno dei vincoli che mi darò è che stia tutta su un foglio A4. In questo modo avrò su un unico foglio la sintesi di tutto il libro.
Sono pronto ?
Questo Post è tratto da “Resilienza Lab”, il blog a supporto del progetto formativo sullo sviluppo della Resilienza presso ClimaVeneta spa
Sono in Val di Sole, seduto al verdissimo parco di Terzolas. Giornata calda, sole. Arriva un SMS: è Matteo che scrive “Da mercoledì brutto tempo. Che fortuna ….”.
Guardo subito le previsioni online, forse temporali, ma penso anche che mancano ancora troppi giorni per delle previsioni attendibili. Poi mi fermo e penso a quanto questa esperienza mi stia già dando molto.A cosa serve preoccuparsi ? Probabilmente ad allenare la nostra Resilienza. Lo racconto a mia moglie, che mi dice “prova a chiedere a Matteo come faceva suo nonno senza internet e le previsioni del tempo quando partiva per scalare le montagne”.
Penso alla giornata con Pietro Trabucchi ed alla sua definizione di Resilienza: “la resilienza psicologica è la capacità di far mantenere alta la motivazione nel perseguire obiettivi sfidanti, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà e gli altri eventi negativi che si incontreranno sul cammino.”
IALT9
Dal 2010 gli IALT scandiscono i miei periodi lavorativi come delle pietre miliari. Ogni volta torno a casa che ho imparato qualche cosa. Allo IALT9 devo ringraziare Sandro Cacciatori, che utilizza la metodologia esperienziale nel sociale.
Partendo dalla teoria di John Adair sulla Leadership, Sandro mi ha illuminato su un particolare del TeamWork.
Se per qualche motivo la squadra si muove senza un obiettivo SMART (il cerchio TASK del diagramma di Adair), il leader dovrà favorire (o forse sarebbe meglio dire “garantire”) che le persone (INDIVIDUAL) all’interno del TEAM si diano costanti feedback sul loro stato emotivo, soprattutto se le emozioni sono negative (frustrazione, confusione, delusione, ….), pena l’inevitabile scontro all’interno del team.
C’è da lavorarci …… nel frattempo, tornando a IALT, spazio alle immagini per riflettere sull’esperienza vissuta.
Teaser
Questo Post è tratto da “Resilienza Lab”, il blog a supporto del progetto formativo sullo sviluppo della Resilienza presso ClimaVeneta spa
Sono molti i temi che questo percorso formativo sta portando a galla. Sto pensando alla capacità di fare proprio un Obiettivo che mi viene imposto, alla volontà di sfidarsi per crescere, all’incapacità di uscire dalla propria Zona di Comfort, alla motivazione che ci spinge a riconoscere un momento di disagio come un’opportunità di crescita.
Mi suonano ancora nella testa molte delle domande che il gruppo si è fatto dopo l’uscita sul Grappa …
- Ci sono delle cose che avete pensato e che non avete avuto voglia, motivazione o coraggio di dire ?
- Cosa direte a chi non è venuto ?
- Come pensiamo di coinvolgere anche gli altri ?
- Qualcuno se la sente di fare il Leader ?
- C’è veramente bisogno di un Leader per trasformare un gruppo in un team ?
- Ma veramente come singoli ci daremo da fare per organizzare l’uscita di luglio ?
- Cosa ci portiamo in ambito lavorativo della giornata di oggi ?
- Siamo in grado di riconoscere il disagio e di apprezzare l’opportunità di allenare la propria resilienza ?
E più ci rifletto e più imparo cose nuove. Per chi ne ha voglia, si può crescere.
Pre-ordinatori formativi & SketchNote
Devo dire che sto utilizzando le SketchNote ovunque … temo di esserne diventato dipendente. Sono riuscito ad utilizzarle anche per applicare la teoria dei pre-ordinatori, e devo dire con grande soddisfazione. Il concetto di pre-ordinatore è stato introdotto da Ausubel nel 1968 ed è stata utilizzato come tecnica per aiutare gli studenti per un apprendimento più efficace ed efficiente. In sostanza si tratta di introdurre i concetti fondamentali nel nuovo materiale da insegnare, in modo ordinato ed organizzato. Il bisogno di pre-ordinatori nasce dal principio psicologico che le esperienze pregresse formano degli schemi mentali con notevole grado di sviluppo. Scrivono Gage e Berliner nel 1988: “abbiamo schemi per mangiare al ristorante, per assistere alle partite di hockey e per far visita alla nonna. Le conoscenze associate a ciascuna di queste attività formano il nostro schema per quell’attività”.
Anche Knowles sottolinea l’importanza di creare una struttura o un quadro concettuale per il discente all’inizio della formazione, mentre Kohler suggerisce che l’apprendimento consiste di associazioni e le associazioni sono conseguenza dell’organizzazione.
Insomma cosa centrano le SketchNote con i pre-ordinatori ? Prendiamo una lezione di Project Management e sintetizziamo in un unico schema generale tutta la teoria. Naturalmente rappresentiamo il tutto con una Sketchnote:
Poi, all’inizio di un’attività formativa, proponiamola come pre-ordinatore al gruppo di discenti:
Siamo partiti ….
Camminarsi
Secondo il pensiero di Thoreau il vero significato di “camminare” è sapersi staccarsi completamente dai propri banali pensieri quotidiani, arrivare a guardarsi dentro di sé, a cancellare tutti i nostri pensieri, in modo da entrare in sintonia con le piante, gli animali, le pietre attorno a noi.
“Il camminatore è colui che riesce a realizzare un legame simbiotico con la natura tutta nel suo essere incontaminata e selvaggia", e che sia quindi in grado di camminarsi dentro …..
IALT camminarsi – 12 e 13 marzo 2013 – Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi
Comprensione, sketch, patterns
In questo periodo sto studiando le Sketchnote, e la loro applicazione mi sta dando spunti di riflessioni interessanti. La comprensione passa per l’aggregazione di concetti ed idee, e nelle Sketchnote questo passaggio è evidente. Lo stesso Mike Rohde, nel suo libro, evidenzia come un passaggio fondamentale nel prendere appunti con le Sketch sia:
- Sketch
- Cache Ideas
- Recognize Patterns
Effettivamente mi rendo conto che “comprendere” significhi trovare il senso logico ( = Pattern) tra le idee ed i concetti. E spesso una maggiore comprensione avviene quando il Pattern evolve, diventa più … personale.
E’ quello che mi è successo ad esempio riassumendo il libro di Mike Rohde: il primo Pattern era probabilmente quello nella testa di Mike che lo ha portato ad elaborare il libro in un certo modo. Il secondo è quello più mio, uscito dalle mie personali interpretazioni e riflessioni.
Una volta che la comprensione è raggiunta, il processo di Sketch si inverte:
- Draw Pattern
- Cache Ideas
- Sketch
Induzione e deduzione
Riflettevo sulla Riflessione (ultimamente è capitato qui e qui, evidentemente il tema mi interessa …) e prendevo qualche appunto …
Nella formazione Esperienziale, seguendo il ciclo di Kolb, l’Esperienza è il momento in cui le persone vivono situazioni concrete, realtà, agiscono, mettono in atto comportamenti. Perché si possa andare verso l’apprendimento, secondo Kolb, bisogna vivere una successiva fase di Riflessione, quindi Concettualizzazione ed infine Sperimentazione. Mi sono chiesto quali processi mentali che mettiamo in atto in queste tre fasi.
- Riflessione: in questa fase dovremmo ripensare all’esperienza come se fosse un film, come se potessimo rivedere alla moviola una sequenza (memoria a breve termine). Mentre rivediamo le scene iniziamo a valutare e giudicare (cosa è andato bene ? quali sono stati i comportamenti osservati ? ….), e mettiamo quindi in gioco le nostre capacità cognitive razionali.
- Concettualizzazione: qui mettiamo in atto le nostre capacità di induzione: partendo da singoli casi particolari cerchiamo di stabilire delle leggi, delle regole, dei concetti. Penso che possa essere interessante approfondire il metodo induttivo nella relativa pagina di Wikipedia.
- Sperimentazione: dopo il metodo induttivo …. non può che venire quello deduttivo: da concetti e premesse generiche procedo verso la loro determinazione nella realtà tangibile. Semplicemente: dal generale al particoale. Anche in questo caso un approfondimento è d’obbligo.
A quanto pare Aristotele e Socrate sono stati i primi a parlare di induzione e deduzione e mi colpisce notare come i temi si leghino allo sviluppo della conoscenza: “Il processo gnoseologico (= teoria della conoscenza) inverso alla deduzione è l'induzione, secondo cui il pensiero si fonda sull'esperienza: i dati sensibili sono indotti, cioè introdotti, nell'intelletto, che a partire da essi elaborerebbe leggi universali e astratte; il procedimento è detto anche a posteriori in quanto l'espressione del giudizio circa la realtà sarebbe possibile solo dopo l'esperienza.”
Le Sketchnote alle elementari.
Era già successo tre anni fa, mia figlia Emma ha sfruttato la meravigliosa capacità dei bambini di apprendere dall’esperienza. Tre anni fa aveva “imitato” le mie mappe mentali, oggi è toccato alle SketchNote.
La situazione era similare: una poesia da imparare a memoria per scuola. Nel 2010 aveva scritto una frase per ogni macro-ramo, oggi ha disegnato una SketchNote seguendo un pattern di tipo “path”. In entrambi i casi i risultati sono stai ottimali: in poche decine di minuti aveva memorizzato la poesia. Forse con le SketchNote ha impiegato meno tempo a memorizzare, ma non posso paragonare la situazione in quanto oggi ha 8 anni, 3 anni fa ne aveva appena compiuti 6.
Alcune riflessioni personali:
- sempre stupefacente la capacità di apprendimento dei bambini. Io ho studiato il libro di Mike Rohde e sto facendo molto esercizio per trasformare una conoscenza in competenza, mentre i bambini sembrano saper applicare velocemente e con grande facilità ciò che hanno acquisito alla realtà pratica. MI chiedo se buona parte della nostra fatica di adulti non sia nel “buttare via” ciò che abbiamo acquisito per sostituirlo con il nuovo apprendimento;
- ho subito ripreso in mano The Sketchnote Hanbook e sono andato a pagina 14, dove Mike Rohde scrive: “MANY PEOPLE tell me they can’t create sketchnotes because they can’t draw. You can draw: you just need to awaken your gradde school Skills ! KIDS draw constantly! They doodle ideas with ease and will draw what they imagine without a second thought.” ;
- chi ha studiato le Sketchnote potrà notare che nel disegno di Emma ci sono buona parte degli Elementi di una SketchNote, per la precisione: Typography, Draw, Handwritting, Arrows, Containers (mancano solo Bullets, Icon e Dividers);
- 3 anni fa dopo che Emma ha portato a scuola le Mappe Mentali è nato un dialogo con le maestre e abbiamo organizzato un laboratorio sulle Mappe Mentali con appassionata partecipazione da parte di tutte le maestre. Chissà se adesso tocca alle SketchNote ….
Esperienziale 2.0
E’ curioso come partendo dalla definizione del web 2.0 ….
Il Web 2.0 è un incrocio di funzionalità che facilitano la partecipazione e la condivisione delle informazioni, l’interoperabilità e la collaborazione sul World Wide Web . Un sito Web 2.0 permette agli utenti di interagire e collaborare tra loro in un “social media” come creatori di dialogo, di user-generated content in una comunità virtuale, a differenza di siti web (1.0) dove gli utenti (che sono solitamente visti come “consumatori”) sono limitati alla visione passiva di contenuti che sono stati creati per loro.
si possa ottenere una interessante descrizione della formazione esperienziale.
l’esperienziale è un incrocio di funzionalità che facilitano la partecipazione e la condivisione delle informazioni, la conoscenza e la collaborazione tra le persone . Un progetto esperienziale permette agli utenti di interagire e collaborare tra loro in un “ambiente sociale” come creatori di dialogo, di “contenuti da loro stessi creati” in una comunità reale, a differenza di aule formative tradizionali (1.0) dove gli utenti (solitamente visti come “consumatori”) sono limitati alla visione passiva di contenuti che sono stati creati per loro.
SketchNote
Quando durante le ferie di Natale ho studiato “The Sketchnote Handbook” di Mike Rohde ho trovato finalmente la soluzione a molte problematiche che l’uso delle Mappe Mentali non aveva risolto. Ma andiamo con ordine, e rispondiamo a qualche domanda.
Cosa sono ? Definirei le SketchNote come una “metodologia di scrittura grafica”. Parlerei di “metodologia” perché Mike Rohde ha delineato un chiaro e preciso metodo per la loro realizzazione. Si tratta poi di scrittura, ma decisamente “grafica” per come viene realizzata.
Come sono fatte ? Direi che le SketchNote sono un mix di scrittura e di elementi grafici, che possono rientrare in un elenco ben definito di modelli (ed in questo senso le Mappe Mentali possono essere considerate come un “sottoinsieme” delle SketchNote).
A cosa servono ? Qui viene il bello, perché secondo me sono uno strumento che può trovare applicazione in moltissime situazioni quotidiane, come ad esempio:
- Prendere appunti;
- Riassumere libri, testi, documenti (l’immagine qui sopra è il mio riassunto del testo di Mike Rohde);
- Studiare;
- Memorizzare;
- Apprendere, comprendere, dedurre ….
- Creare (momenti di idee, brainstorming, creatività, …);
- Facilitare la comprensione degli altri (facilitazione visuale durante attività formative o riunioni);
Esempi ? Nulla di più facile, basta dare un’occhiata al gruppo creato da Mike Rohde su Flickr a questo link.
Vantaggi ? Direi che i vantaggi maggiori che trovo nell’uso delle SketchNote sono:
- allenano le nostre Competenze di Sintesi ed Analisi;
- ci permettono velocità nella scrittura;
- favoriscono la concentrazione;
- direi che sono addirittura “rilassanti”;
- forniscono una “visione dall’alto”, una “overview”;
- allenano le nostre Competenze di Fantasia e Creatività (attraverso il disegno, e questo mi ricorda molto “Disegnare con la parte destra del cervello” di Betty Edwards.
Approfondimenti ? per chiunque sia interessato ecco qui qualche approfondimento:
- una interessante presentazione su SlideShare di Eva Lotta Lamm
·
Concludendo una piccola recensione del testo di Mike Rohde: scritto completamente con la tecnica delle sketchnote risulta rapido, veloce ed efficace. Ha un grande vantaggio (soprattutto rispetto ai numerosi manuali sulle Mappe Mentali in commercio): non perde molto tempo nel “celebrare” le SketchNote, ma fornisce le conoscenze necessarie per passare subito all’azione. Riesce addirittura ad insegnare come disegnare qualsiasi cosa usando 5 elementi grafici “base” (cerchio, quadrato, triangolo, linea e punto). A questo link potete vedere qualche capitolo in anteprima. Consigliatissimo …….
Facilitare
Inizio questo 2013 con una citazione che mi ha inviato da un compagno di corso di Group:
Edda Ducci sostiene che educare e formare si definiscano nel "Far sì che l’altro scopra e attui quella vocazione che è soltanto sua. Aiutarlo a trovare e a percorrere il proprio unico cammino. A trovare il senso della propria vita, quel senso che ne dice l’unicità. L’educatore deve esserci e non esserci, essere presente e attivo, ma non lasciare segni della sua presenza, agire in senso proprio, ma i segni di tale agire non devono segnare il prodotto dell’azione. È questa un’antinomia grande. Appartiene all’educazione e la segna; appartiene al senso più alto dell’essere umano"
Edda Ducci, Approdi dell’umano. Il dialogare minore, Anicia, Roma1992, p. 27.